Mance in obitorio: ricorso respinto
I ricorsi delle difese sono stati respinti: le elargizioni di denaro avvenivano in maniera sistematica e attraverso un tariffario
Mance in obitorio: ricorso respinto in Cassazione per due operatori sanitari coinvolti nel caso delle mazzette in ospedale.
Mance in obitorio: ricorso respinto
Si è conclusa con il rigetto della Corte di Cassazione la richiesta di impugnare la sentenza di appello avanzata da due operatori socio-sanitari già condannati per il caso delle «mazzette» in obitorio presso gli ospedali di Cuorgnè ed Ivrea. Confermata anche la condanna al pagamento delle spese processuali.
Le origini
Il procedimento era nato dalla denuncia della titolare di un’impresa di onoranze funebre che lamentava un trattamento sfavorevole per le imprese che non versavano mance agli operatori sanitari. Nel processo di secondo grado tenutosi nel giugno 2020 presso la Corte d’Appello di Torino quattro dipendenti delle strutture ospedaliere canavesane di Ivrea e Cuorgné erano stati condannati a pene variabili tra nove mesi ed un anno e quattro mesi, già ridotte rispetto al primo grado, sia pure con la condizionale. Erano stati assolti i titolari delle agenzie funebri, accusati di avere elargito mazzette per assicurarsi i servizi mortuari, mentre erano stati condannati i dipendenti dell’ASL, rei di avere incassato le tangenti in questione, in modo sistematico, in cambio dell’indicazione delle imprese colluse ai parenti dei defunti.
Il caso
Due dei condannati, G.B. nato a Castellamonte, difeso dall’avvocato Maisto, e G.D.F. di Chivasso, difeso dall’avvocato Strumia, hanno presentato ricorso contro la sentenza. Tuttavia, la loro istanza, come richiesto espressamente anche dalla stessa ASL TO4, costituitasi parte civile a cui, ora, spettano 3.510 euro come rimborso per le spese legali, è stata rigettata in quanto è stato dimostrato che i pagamenti elargiti dalle imprese di onoranze funebri erano sistematici e non occasionali. Al contrario, erano anche sollecitati e contabilizzati dagli imputati e prevedevano un tariffario fisso, come emerso dalle indagini attraverso videoriprese, colloqui intercettati e dichiarazioni dei coimputati.
Ricorsi respinti
I ricorsi degli imputati, per entrambi ritenuti infondati, sostenevano che non ci fosse prova che alcune imprese venissero preferite ad altre, fatto peraltro non confermato dalle indagini, ma che le somme che erano state elargite erano soltanto un incentivo a svolgere un lavoro solerte o un ringraziamento per aver fatto bene il proprio mestiere: semplici regalie. Inoltre, secondo la difesa di G.B., le imprese di onoranze funebri sono state assolte, quindi, non sarebbe chiaro perché coloro che sono stati corrotti dovrebbero avere una sorte diversa dai corruttori. Secondo la difesa del G.D.F., inoltre, i colloqui tra le parti non attesterebbero l’effettiva sussistenza dell’accordo corruttivo, così come non vi sarebbero state comprovate aspettative di ricompensa. Ma non sono stati dello stesso avviso i Giudici di Cassazione.