traffico illecito di rifiuti metallici

Leinicesi coinvolti nell’operazione Ferromat

33 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino.

Leinicesi coinvolti nell’operazione Ferromat
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Aziende e titolari d’imprese anche di Leini e San Giorgio, giusto per limitarci al Canavese, sarebbero coinvolte nella vasta operazione della Guardia di Finanza di Torino denominata Ferromat.

Leinicesi coinvolti nell’operazione Ferromat

L’azione, volta a mettere fine al traffico illecito di rifiuti metallici su scala nazionale, è scattata martedì 8 marzo, e ha portato all’esecuzione di 33 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino. Le persone fermate sono indiziate di appartenere a tre distinte associazioni per delinquere, finalizzate al traffico illecito di rifiuti metallici e all’emissione e utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti. Sono anche state effettuate oltre 50 perquisizioni nei confronti di persone fisiche e aziende, nonché il sequestro preventivo di 8 società operanti nel settore del commercio di rottami metallici e di beni per oltre 270 milioni di euro, tra cui disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie. L’attività scaturisce dal sequestro, ad opera di un’altra forza di polizia in occasione di un controllo su strada nel febbraio 2018, di denaro contante a carico di due soggetti di nazionalità italiana, uno dei quali titolare di una ditta individuale operante nel settore del commercio dei rottami. Le successive indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino, Direzione Distrettuale Antimafia (indagine coordinata dal pm Giuseppe Riccaboni) e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Torino, mediante accertamenti bancari, approfondimento di decine di segnalazioni di operazioni sospette, intercettazioni telefoniche e telematiche, posizionamento di telecamere e di GPS veicolari, acquisizione di videoregistrazioni presso uffici postali, hanno permesso di acquisire elementi gravemente indizianti dell’esistenza dei gruppi criminali, attivi fin dal 2015 e tuttora operanti anche all’estero.

Le intercettazioni

Dalle attività di intercettazione, è emerso chiaramente il ricorso a un linguaggio criptico e in codice, noto e condiviso tra gli interlocutori. Nell’ipotesi dell’accusa, gli indagati avrebbero predisposto documentazione fiscale e amministrativa falsa al solo scopo di “regolarizzare” ingenti quantitativi di rifiuti destinati a società di capitali “utilizzatrici”, con sede in Piemonte e Lombardia. In particolare, sarebbe stata occultata la reale provenienza dei rifiuti (e, pertanto, la corretta tracciabilità della filiera di produzione, di recupero e smaltimento degli stessi), per il tramite di società “filtro” e/o ditte individuali “cartiere” (situate anche in Germania) e con il supporto di una fitta rete di soggetti “prestanome”. Grazie alla falsa documentazione, le organizzazioni hanno potuto introdurre nel regolare commercio dei rottami ferrosi rifiuti metallici acquistati in nero e privi dei requisiti di conformità e tracciabilità. La falsa documentazione avrebbe anche consentito agli imprenditori-utilizzatori finali del materiale di dedurre costi “in nero”, configurando pertanto anche reati fiscali.
L’operazione ha visti coinvolti circa 300 militari appartenenti a 21 Reparti del Corpo nei territori delle regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Campania, Puglia e Sicilia.

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