Tra la forma e il mito di Juan Sanmiguel
L'artista: «Ho conosciuto Monica Datrino tramite la sorella Elena e proprio in quell’incontro Monica si è innamorata di una mia scultura...».
Tra la forma e il mito di Juan Sanmiguel è il titolo della mostra che questa sera, giovedì 3 novembre, verrà inaugurata al Castello di Torre Canavese.
Tra la forma e il mito
Tra la forma e il mito è la mostra per la quale il Castello dei Datrino a Torre Canavese torna ad aprire le proprie porte. E questa volta lo fa per ospitare le sculture di Juan Sanmiguel, artista spagnolo da molti anni in Italia e, in particolare, in Canavese. «Tra la Forma e il Mito» è il titolo della mostra curata da Monica Datrino che sarà visitabile da venerdì 4 a domenica 6, dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 19 e che sarà inaugurata domani sera, giovedì 3, alle 19.
La quadratura del cerchio
«Ho conosciuto Monica Datrino tramite la sorella Elena e proprio in quell’incontro Monica si è innamorata di una mia scultura. Quando gliela ho portata casa, a Torre, ho visto il Castello e in maniera naturale, ad entrambi, è venuta in mente la stessa idea: qui, dobbiamo fare un mostra». Tra la Forma e il Mito, appunto. Ed è sempre l’artista che spiega: «Con questa personale chiudo un cerchio degli ultimi cinque anni di lavori e quello di Torre è proprio il contesto giusto». La passione di Juan Sanmiguel parte da lontano. «Come tutti i bambini in età scolare nel periodo post dittatura spagnola facevo parte della prima generazione della nuova democrazia, eravamo i primi a poter dire qualcosa di nuovo. Anche, e soprattutto, attraverso la creatività. Io non ero un grande sportivo e allora mia madre all’età di 10 anni mi ha iscritto ad un corso di arte. Mi sono innamorato subito dei materiali e da allora non ho mai più smesso». Durante gli studi universitari di storia dell’arte Juan Sanmiguel alternava la biblioteca al laboratorio. «Non mi bastava la teoria - ci confida - andava bene studiare ma ritenevo importante anche andare dalle signore del quartiere a creare e “sentire” i materiali. Una volta laureato, poi, sono andato a Madrid per imparare le tecniche di scultura, avevo all’incirca 23 anni, creando sinergie con i compagni di corso fino a fondare un’associazione con la quale abbiamo allestito le prime mostre, poi le fiere fino a raggiungere le gallerie e gli appuntamenti internazionali più importanti». E in questo girovagare per il Mondo non poteva mancare l’Italia. «Conoscevo Roma, le grandi città, ma un giorno mi arriva una proposta da Cuorgnè! E mi chiedevo cosa fosse Cuorgné e dove fosse: mi avevano cercato per darmi una cattedra di tecniche e scultorie applicate al restauro al “Cesma Formazione&Cultura”», ruolo che ha svolto dal 2013 al 2019. Anni in cui trova anche la compagna della sua vita, Angela; entra in contatto con il mondo culturale canavesano, come l’Areacreativa 42 di Rivarolo, anche se ricorda che «l’Italia all’inizio mi è stata un po’ ostile e che battaglie con la vostra burocrazia».
Linguaggio che cambia
«Erano anni in cui il linguaggio scultoreo cambiava: io sono cresciuto con un’impronta “classicista”; opere realizzate ispirandosi ad una modella per intenderci. Qui, invece, ho incontrato il futurismo italiano, ho avuto opportunità di lavorare con dei veri maestri, sono stato introdotto nel pensiero creativo italiano e oggi faccio un insieme tra il prima e il dopo: un mix, che è un linguaggio molto particolare» dice di sé l’artista spagnolo. E ancora. «Io “gioco” con il gesso ma amo il bronzo. Il gesso è valido per impronte con finiture elevate, ma è un po’ povero, non è un materiale definitivo. Il bronzo, invece, dà l’eternità: uno stato definitivo. Non si romperà mai. Non si potrà modificare anche se è più costoso». E poi le forme. «Io lavoro il concavo che riceve il convesso e viceversa. C’è un linguaggio pieno-vuoto, dentro-fuori, piano-curvo; concetti geometrici che trascendono per arrivare a un piano superiore, per trovare armonia. Equilibrio. Più universali. E lavorare quelle forme mi fa stare bene. Arrivarci è fantastico ma non sempre ci si riesce».
Maurizio VermiglioTorre Canavese (vmu) Il Castello di Torre Canavese torna ad aprire le proprie porte e questa volta lo fa per ospitare le sculture di Juan Sanmiguel (nella foto), artista spagnolo da molti anni in Italia e, in particolare, in Canavese. «Tra la Forma e il Mito» è il titolo della mostra curata da Monica Datrino che sarà visitabile da venerdì 4 a domenica 6, dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 19 e che sarà inaugurata domani sera, giovedì 3, alle 19. «Ho conosciuto Monica Datrino tramite la sorella Elena e proprio in quell’incontro Monica si è innamorata di una mia scultura. Quando gliela ho portata casa, a Torre, ho visto il Castello e in maniera naturale, ad entrambi, è venuta in mente la stessa idea: qui, dobbiamo fare un mostra».
... Cos'è Cuorgné...
Tra la Forma e il Mito, appunto. Ed è sempre l’artista che spiega: «Con questa personale chiudo un cerchio degli ultimi cinque anni di lavori e quello di Torre è proprio il contesto giusto». La passione di Juan Sanmiguel parte da lontano. «Come tutti i bambini in età scolare nel periodo post dittatura spagnola facevo parte della prima generazione della nuova democrazia, eravamo i primi a poter dire qualcosa di nuovo. Anche, e soprattutto, attraverso la creatività. Io non ero un grande sportivo e allora mia madre all’età di 10 anni mi ha iscritto ad un corso di arte. Mi sono innamorato subito dei materiali e da allora non ho mai più smesso». Durante gli studi universitari di storia dell’arte Juan Sanmiguel alternava la biblioteca al laboratorio. «Non mi bastava la teoria - ci confida - andava bene studiare ma ritenevo importante anche andare dalle signore del quartiere a creare e “sentire” i materiali. Una volta laureato, poi, sono andato a Madrid per imparare le tecniche di scultura, avevo all’incirca 23 anni, creando sinergie con i compagni di corso fino a fondare un’associazione con la quale abbiamo allestito le prime mostre, poi le fiere fino a raggiungere le gallerie e gli appuntamenti internazionali più importanti». E in questo girovagare per il Mondo non poteva mancare l’Italia. «Conoscevo Roma, le grandi città, ma un giorno mi arriva una proposta da Cuorgnè! E mi chiedevo cosa fosse Cuorgné e dove fosse: mi avevano cercato per darmi una cattedra di tecniche e scultorie applicate al restauro al “Cesma Formazione&Cultura”», ruolo che ha svolto dal 2013 al 2019. Anni in cui trova anche la compagna della sua vita, Angela; entra in contatto con il mondo culturale canavesano, come l’Areacreativa 42 di Rivarolo, anche se ricorda che «l’Italia all’inizio mi è stata un po’ ostile e che battaglie con la vostra burocrazia».