Morì nel sottopasso il perché della condanna
Depositate le motivazioni di primo grado. Ora si attendono i ricorsi in Appello.
Morì nel sottopasso il perché della condanna a 12 mesi per tutti gli imputati, sindaco Alberto Rostagno compreso.
Morì nel sottopasso
«L’evento - morte per annegamento di un utente della strada all'interno del sottopasso - era ampiamente prevedibile ed evitabile. Gli imputati - tutti- cooperarono colposamente al suo verificarsi». E’ questa la conclusione a cui arriva nelle circa 60 pagine del dispositivo depositato il 3 febbraio 2023, 58 per la precisazioni, il giudice di Ivrea Antonio Borretta nel motivare la sentenza di primo grado di condanna di «anni uno e mesi sei di reclusione, diminuita ex art. 62-bis c.p. (circostanze attenuanti generiche, ndr) alla pena finale di anni uno di reclusione».
Nei confronti del sindaco Alberto Rostagno, il suo vice Francesco Diemoz, l’assessore (al tempo dei fatti) Lara Schialvino, il dirigente responsabile del Settore Lavori Pubblici e Manutenzioni Enrico Colombo e il responsabile del Settore Polizia Locale Sergio Cavallo per la morte di Guido Zabena, che avvenne nel sottopassaggio (allagato) di via Galileo Ferraris, tra Rivarolo e Feletto, nella notte del 3 luglio 2018. Documento nel quale si «viviseziona» l’intero dibattimento con rito ordinario, iniziato il 30 novembre 2021 e terminato un anno più tardi, che ha portato alla condanna di politici e dei due dipendenti pubblici.
Omicidio colposo
Una prima precisazione viene fatta sul «manufatto (il sottopasso, ndr) consegnato al Comune di Rivarolo Canavese in data 29 giugno 2001, senza osservazioni da parte dell'amministrazione comunale e che da quel momento l'opera entrò nella disponibilità giuridica e materiale dell'amministrazione comunale di Rivarolo Canavese a cui seguirà solo in data 4 dicembre 2003 il collaudo definitivo dell’opera». Punti di riferimento e precisazione non irrilevante visto che è proprio all’interno di quell’infrastruttura, in quel momento in parte colmo di acqua a causa di un violento temporale, che l’operaio di Favria, classe 1967, ha perso la vita intorno alle ore 1.30 del 3 luglio 2018. Da cui è nata l’incriminazione «a titolo di omicidio colposo e che attraverso le condotte omissive, gli indagati ne cagionarono l'evitabile verificarsi». Tradotto: colpevoli. Il giudice ha ritenuto l’evento mortale «oltre che ampiamente prevedibile anche evitabile». E spiega il perché. «Erano, infatti, individuabili una pluralità di condotte alternative lecite, che l'amministrazione di Rivarolo Canavese e le autorità preposte alla sicurezza avrebbero potuto porre in essere con conseguenti effetti salvifici sull’utenza della strada». In che modo? «I frequenti allagamenti del sottopasso, oggetto anche di specifiche istanze di verifica provenienti dalla cittadinanza, avrebbero suggerito di predisporre uno studio approfondito delle cause di tale propensione all’allagamento».
Comitato mobilità
Propensione che trova fondamento anche nell’istanza presentata dal «Comitato Mobilità e Sviluppo dell'Alto Canavese» il 23 novembre 2017 presso gli Uffici del comune nella quale si sottolineava che il sottopasso ad ogni forte pioggia si allaga». E si richiedeva un intervento volto al «ripristino della canalina di scolo, la chiusura a chiave dell'armadio comandi, la manutenzione di tutte le pompe, la pulizia accurata dei dintorni». Ed è nell'udienza del 14 dicembre 2021, attraverso la testimonianza di Flavio Vacca, fondatore e membro del Comitato che si apprende «che l'istanza rimase priva di risposta». E a conferma che fosse un luogo nel quale accadevano spesso allagamenti, a riprova ci sono i diversi risarcimenti per danni alle auto avvenuti tra il 2012 e 2014. Non solo. Agli atti anche un articolo del nostro giornale - il Canavese - del maggio 2018 in ordine ad un allagamento verificatosi fra il 6 e il 7 maggio 2018, in cui il sindaco dichiarò che la causa dell'allagamento era da ricondurre ad atti vandalici sul quadro elettrico delle pompe. Già le pompe, oggetto di controversia in dibattimento. «È stato chiarito - spiega il Giudice - che se le tre pompe installate nella vasca di raccolta interna al sottopasso fossero state funzionanti durante tutto il corso dell'evento meteorico, esse avrebbero potuto smaltire un'ingente quantità d'acqua, mantenendo, come anticipato, il battente dell'acqua a livelli non fatali. Tuttavia, come disvelato dal consulente tecnico nominato dalla difesa Schialvino, la capacità di smaltimento delle pompe installate nel sottopasso era inferiore del 25%». Ma, si legge ancora, «lo spegnimento di due delle pompe nel momento di massimo parossismo della precipitazione - e, per quel che qui interessa, nel momento in cui l'auto di Zabena era ormai intrappolata nel sottopasso - e in ogni caso nel momento antecedente all'arrivo dei soccorsi, oltre ad essere l'unica spiegazione razionale di un così cospicuo allagamento, ha trovato inequivoca conferma nelle risultanze dibattimentali». Morì nel sottopasso.
Tre rimproveri
Morì nel sottopasso dunque. In conclusione, il Giudice fa tre «rimproveri» per cui arriva alla sentenza di condanna. Primo: omessa corretta valutazione del rischio di allagamento. Secondo: il Comune, vista la particolare frequenza con cui si allagava il sottopassaggio in questione, avrebbe potuto predisporre, oltre a dei semplici segnali di "altri pericoli" ulteriori e più incisivi dispositivi come ad esempio una barra articolata ed un semaforo collegati a dei sensori che in grado di verificare l'altezza dell'acqua piovana nella sezione più profonda del sottopasso» (Cosa fatta poi dopo la tragedia). Terzo: «Inserire, nel piano di protezione civile (fermo al 2013, ndr) uno "scenario di rischio" ad esso riferito, in modo da consentire un tempestivo ed organizzato intervento di prevenzione e soccorso, nei pressi del sottopassaggio». Da qui «l'amministrazione, di contro, di fronte alla problematica situazione, assunse un atteggiamento di sostanziale inerzia, intervallata da sporadici interventi di manutenzione ogni volta che si verificava un allagamento o un danno.
L'evento (morte per annegamento di un utente della strada all'interno del sottopasso) era quindi ampiamente prevedibile ed evitabile». Pertanto: «Gli imputati - tutti- cooperarono colposamente al suo verificare». Ora le parti coinvolte, lette le motivazioni, valuteranno se ricorrere in appello.