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Le mie notti bollenti in Canavese

Dagli annunci ad una camera d'albergo: "Da me vengono giovani e mariti insoddisfatti"

Le mie notti bollenti in Canavese
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Notti bollenti in Canavese raccontate da una escort che ci ha descritto il suo "lavoro" e disegnato l'identikit due suoi clienti.

Notti bollenti in Canavese

«Come nome d’arte ho scelto Luna perché è un astro che puoi vedere sia di giorno che di notte a differenza del sole; così come i miei clienti mi possono avere in qualsiasi momento, ogni qualvolta che lo desiderano».

Così, Patrizia (nome di fantasia) inizia il suo racconto. Patrizia riceve solo su appuntamento. Numero di cellulare nei messaggi pubblicati generalmente in fondo ai giornali o su siti specializzati solo per adulti e il «gioco» (in tutti i sensi) è fatto. Mastica un italiano imperfetto «ma si fa capire bene quando vuole» (cantava Vasco Rossi), sicuramente avvenente come mostrano le fotografie a dispetto dall’età. Ad una signora non si chiede mai, ma lo facciamo comunque, e visto che chi gli pone le domande non è un cliente, lei risponde con sincerità:

«60 anni, giuro. Ma quando gli uomini vengono qui da me dico che ne ho 48. E non hanno difficoltà a crederlo». Incontriamo Patrizia per parlare di lei, della sua storia, ma anche per «disegnare» l’identikit del canavesano medio che compone l’incrocio magico dei numeri del suo cellulare, per un’ora di evasione. Sessuale. A pagamento, of course.

I clienti

E la prima sorpresa ce la riserva quando ci dice che «sono davvero tanti i giovani che vengono da me. Io non vorrei, preferisco un altro tipologia di clientela, ma sono davvero molti i ragazzi tra i 25 e i 30 anni che mi cercano e che mi vogliono».  Non solo: c’è un particolare.

«Molti di loro, se non tutti, fanno uso di droghe. Me lo dicono apertamente, per sentirsi più grandi. Credo che vengano da me perché io per loro sono un’esperienza, sono una donna che eccita. Poi può darsi perché loro sono innamorati della loro mamma o zia e sublimano con me: ma non sono una psicologa. Non saprei. Comunque nell’annuncio io scrivo: “Donna paziente e spagnola”. Sarà questo, chi lo sa!».

Uomini più grandi, magari sposati, non li incontri?

«Certo tesoro che li incontro», risponde sorridendo … «Sono tanti gli uomini sposati che mi telefonano».

E cosa le dicono? Cosa le raccontano prima di … o durante?

«”Con mia moglie non vado più d’accordo”. Oppure: “Con me non vuole fare niente perché è stanca e non ne ha voglia”. Altri che mi dicono che dopo che è nato il loro bambino non lo fanno più. Ma io non so se è vero quello che raccontano questi uomini, però è quello che dicono a me quando vengono nella mia stanza».

Quanto costa «entrare» nella sua stanza?

«Dipende… si parte da 50 euro e si può arrivare anche fino a 300 euro per certe pratiche più estreme. In alcuni casi, quando richiesto, lavoro anche in coppia con un mio amico trans. Poi, devo dire la verità, quando una persona non mi convince, anche per una cosa “normale” chiedo tanto per invogliarlo a dirmi di no».

Patrizia, ma al di là di tutti rischi della sua professione, non ha paura in questo periodo di contrarre il Covid-19?

«Certo che sì. Però quando entrano in stanza hanno la mascherina, facciamo lavare con il gel le mani, gli facciamo lavare il viso. Cerchiamo di tenere tutto il più possibile disinfettato».

Luna … questo il tuo nome d’arte, come sei finita a fare «la vita»?

«Ho iniziato solo due anni fa. E ho intrapreso questa strada perché ho una famiglia da aiutare dopo che tutto è precipitato quando mio padre e mia madre sono morti a causa di un tumore in maniera rapida: nell’arco di sei mesi li ho persi entrambi. E in Spagna stavamo anche bene, avevamo una piccola azienda che è poi fallita e tutto è andato a rotoli. Anche con mio marito, un italiano, con cui sono arrivata qua in Italia una volta che in Spagna le cose si erano messe male».

E come sei arrivata a mettere annunci e cercare clienti?

«Perché una volta arrivata in Italia in tanti hanno iniziato a farmi la corte. E con qualcuno sono anche stata per poi essere trattata senza rispetto e a quel punto che mi sono detta: “Se questo deve essere il finale, allora perché non farmi pagare? E così è stato».

Per il piacere anche di molti (giovani) canavesani.

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