Dalle palestre canavesane la richiesta di riaprire il prima possibile
Fabio ed Annalisa raccontano il periodo difficile vissuto da queste attività, costrette ancora alla serrata.
Ancora un posticipo per l'apertura di queste attività. Dalle palestre canavesane la richiesta di riaprire il prima possibile.
Dalle palestre canavesane la richiesta di riaprire il prima possibile
Categorie in difficoltà in questo momento ce ne sono davvero molte. Tra quelle che sono senza ombra di dubbio tra le più bistrattate vi sono le palestre, che ancora una volta si sono viste posticipare la riapertura a pochi giorni da quella che sembrava «la volta buona». Delusione, amarezza e anche rabbia sono espresse da chi grazie a questa attività non solo lavora, ma mantiene pure la famiglia. Il punto di rottura è talmente alto che proprio lunedì 18 gennaio si è tenuto un «flash mob» in pieno centro a Torino, per far sentire la voce di chi sta pagando sulla propria pelle scelte innegabilmente legate al Covid, ma che forse (secondo i tanti gestori italiani) potevano essere trattate in maniera completamente diversa. Per capire qual è la situazione anche nel territorio del Canavese abbiamo sondato il terreno con due piccole ma non per questo mene importanti realtà, le quali da alcuni anni sono punto di riferimento per chi pratica sport non solo per bellezza, ma soprattutto per salute.
Pegasus Salassa
«Sono un ottimista e resto tale - dice Fabio Bagnato, fondatore, vicepresidente ed istruttore della palestra Pegasus che sorge a Salassa - però non posso non essere arrabbiato e deluso. La cosa assurda è che dopo il primo periodo di questa pandemia siamo riusciti a riaprire seguendo fedelmente tutti i protocolli richiesti. Ci hanno detto di modificarli ancora, rendendo più rigidi i controlli. Peccato che proprio quando avevamo fatto tutto, avendo speso naturalmente denaro e tempo, ci hanno detto che dovevamo chiudere. Punto e basta». Il tutto proprio nel momento in cui si stava verificando una ripresa: «Nonostante fossimo ben lontani dai numeri dell’anno precedente - prosegue Fabio - la gente aveva ripreso con buona regolarità. Ripeto: sanificazioni, distanziamento e controlli stavano dando i loro frutti, perché non si erano registrati casi. Per questo trovo assurdo la scelta di farci tirare giù le serrande e rimandare l’apertura». Sul fronte ristori, Bagnato precisa: «Non possiamo negare che siano arrivati, però alla fine sono serviti unicamente a coprire quelle spese vive che, nonostante siamo chiusi, continuano ad esistere, come bollette e tasse». La speranza è che si possa davvero riprendere il prima possibile e in sicurezza, anche se... «...Siamo consci che ci vorrà del tempo, alcuni mesi senza dubbio, prima di poter ricominciare a lavorare sui ritmi di un tempo. E soprattutto a guadagnare, perché non possiamo certo pensare che da un giorno all’altro avremo di nuovo le palestre piene. Comunque, rimango ottimista e speranzoso in una apertura definitiva il prima possibile, anche perché vorrei sottolineare che andare in palestra e fare attività fisica è importante per la salute delle persone. Però, purtroppo, in Italia questa filosofia non è contemplata ancora abbastanza».
La Meridiana Castellamonte
Quella dell’Asd La Meridiana Castellamonte è un associazione sportiva a 360 gradi, che nel corso dell’anno offre varie opportunità ai suoi tesserati. Anch’essa, purtroppo, sta pagando pesantemente questo stop forzato, in attesa di capire quando si potrà di nuovo tornare alla normalità. «Siamo penalizzati fortemente - spiega Annalisa Bono, componente del diretto dell'associazione, tecnico Coni e collaboratore sportivo della realtà canavesana - Il nostro è un ambiente più piccolo e non è giusto che venga paragonato alle palestre delle grandi città». La chiusura ha interessato non solo la parte dedicata alle attività indoor, ma anche quelle all’aperto: «Noi che abbiamo a disposizione una piscina, a disposizione nel periodo più caldo, abbiamo vissuto una stagione di per sé limitata, con un avvio anche ritardato perché abbiamo dovuto attendere le linee guida. Pure la parte dedicata al beach volley, che è garanzia di numeri di tutto rispetto, è stata ben al di sotto delle aspettative, con almeno la metà delle persone rispetto all’anno passato». Le modifiche, i tempi spesi ed i costi alla fine hanno inciso. «Quando a settembre stavamo ingranando è arrivata l’ennesima chiusura ed ora dovremo attendere almeno sino al 5 marzo. Non farci aprire è assurdo, perché abbiamo adeguato tutto quello che ci era stato chiesto, con modifiche ulteriori. Spiace tanto perché sappiamo che quanto abbiamo fatto sino ad ora è stato apprezzato di nostri tesserati». Una considerazione va fatta: «Personalmente credo che il ministro Spadafora e chi è insieme a lui stiano facendo molto per proteggere gli sportivi, però in senso generale lo sport in Italia non è preso in considerazione. E’ stato il primo ad essere chiuso e sarà l’ultimo ad aprire, un po’ come la cultura». Infine la questione ristori: «A livello personale, essendo un tecnico riconosciuto, ho ottenuto qualcosa. Discorso diverso per l’associazione, che come Asd non ha ricevuto nessun ristoro, mentre qualcosa è arrivato come partita Iva. Questo perché realtà come queste non sono prese in considerazione dal Governo ed è una beffa ulteriore».