Sergio Bartoli: Una protesta simbolica in favore di ristoratori e baristi
"Abbiamo aderito in maniera “simbolica” alla campagna “Io apro” e nessun politico ha detto una parola in merito".
Luci accese nei locali per aderire a "Io Apro". Sergio Bartoli: "Una protesta simbolica in favore di ristoratori e baristi.
Una protesta simbolica per i ristoratori
Una protesta, un gesto simbolico, ma chiaro e preciso. Niente servizio al tavolo, anche per evitare che i clienti potessero essere multati, ma luci accese ben oltre il normale orario di chiusura a sottolineare un’«apertura» che sta diventando quasi un’utopia. E’ quello compiuto da Sergio Bartoli, che oltre ad essere primo cittadino del paese di Ozegna è anche e soprattutto un noto ristoratore, il quale da anni si impegna, lavora e fatica nel nome di un mestiere a cui ha dato tanto. L’ultima ennesima serrata, tra continui tirare su e giù la serranda dei propri locali, è davvero difficile da digerire, perché sta mettendo sempre più in difficoltà non solo la sua professionalità, ma anche il normale vivere dei suoi dipendenti.
Le parole di Sergio Bartoli
«In merito a quanto sta accadendo a noi ristoratori - spiega Bartoli - voglio comunicare il mio pieno disappunto per come viene gestita la nostra situazione dal Governo. Prima ci ha chiesto di attrezzarci per poter lavorare in pandemia, facendoci sborsare somme ingenti in un momento in cui non era proprio il caso di avere ulteriori spese. Adesso ci fa lavorare un giorno per poi farci chiudere due. Senza contare la questione dell’asporto, anche questo fatto a singhiozzo». Sergio, che ha alle spalle tanti anni di sacrifici, non ci sta più: «Questo “gioco dell’oca” sulla nostra pelle non è più accettabile. In quanto primo cittadino del Comune di Ozegna mi sono preoccupato di mantenere sempre l’ordine e di appoggiare il Governo anche quando mi sembrava che stesse facendo operazioni poco utili al benessere di tutti. In quanto ristoratore con dipendenti, però, devo dire che non è più possibile proseguire su questa strada». L’impossibilità di lavorare in maniera seria e continuativa sta esasperando molti. «La gente è allo stremo. Le famiglie hanno bisogno di certezze e di poter dare da mangiare ai propri figli. Qui non si tratta di ricevere il “reddito di cittadinanza”, ma di andare a lavorare presso quelle attività in cui tantissime persone hanno investito tutti i loro averi ed a cui oggi viene impedito di aprire o comunque di lavorare in maniera remunerativa». Ecco allora la volontà di far parte di quelle voci «fuori dal coro» che si sono fatte sentire la settimana scorsa.
Io Apro
«Abbiamo aderito in maniera “simbolica” alla campagna “Io apro” e nessun politico ha detto una parola in merito. Eppure i politici sono sempre stati i primi ad andare a mangiare al ristorante. Adesso, però, siamo stufi e siamo pronti a mettere in atto qualsiasi azione serva al bene delle nostre famiglie. Posso garantire che non parlo esclusivamente a titolo personale, ma a nome di centinaia di commercianti che si trovano in questa pessima situazione. La gente è esasperata: la gestione di alcune attività è stata penosa e fallimentare. Ed ora ricominciano pure a girare i video del 2014 di politici a Kiev, in Ucraina, che venivano buttati nella spazzatura dalla gente scontenta... Un segnale ulteriore che la gente è stufa».