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RSA piemontesi: niente abbracci e crisi del personale

Prese di posizione degli esponenti Pd Domenico Rossi e Monica Canalis sul sistema socio-sanitario.

RSA piemontesi: niente abbracci e crisi del personale
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In queste ore ci sono state due prese di posizione di esponenti del Pd in Consiglio Regionale, da parte del  vicepresidente della Commissione Sanità Domenico Rossi sulla riapertura delle visite dei familiari negli ospedali e nelle strutture sanitarie e una nota di un'altra esponente democratica Monica Canalis - vice segretaria Pd Piemonte e consigliera regionale in merito invece all'emergenza del personale sempre nelle stesse strutture. Lo riportano i colleghi di primavercelli.it

Visite ai familiari: "Cirio se ne lava le mani"

“Mentre le altre molte altre Regioni cercano e trovano soluzioni per migliorare i servizi sanitari, in Piemonte assistiamo ancora al balletto dello scarica barile che, ogni giorno, viene pagato dai cittadini”.

L’amaro commento del vicepresidente della Commissione sanità Domenico Rossi che oggi ha interrogato la giunta in merito alle azioni che intende intraprendere fare per riaprire le visite dei familiari negli ospedali e nelle strutture sanitarie.

“In altre regioni come Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Sardegna, Abruzzo e Liguria si è provveduto decidendo per l’utilizzo del Green Pass, la presenza di un tampone negativo entro le 48 ore o di un certificato vaccinale a 15 giorni dalla prima dose ma anche di guarigione dal Covid negli ultimi 6 mesi. In Piemonte si sceglie di non decidere” aggiunge Rossi sottolineando che “non solo la giunta rimanda ogni decisione riguardo l’incontro tra parenti, visitatori e pazienti alle Direzioni Sanitarie e ai singoli professionisti… su questi ultimi avremmo voluto maggiori chiarimenti: a chi ci si riferisce? Ad Ogni singolo medico? Avrei voluto chiederlo all’Assessore Icardi, oggi assente, che ha affidato la sua risposta scritta alla collega Poggio”.

"La Regione si sottrae al suo ruolo"

Ancora una volta la regione si sottrae al ruolo di coordinamento. “Considerate le condizioni epidemiologiche attuali, non è ammissibile che la Regione non abbia ancora definito un protocollo che, nel rispetto di tutte le limitazioni necessarie, riapra alle visite in sicurezza in particolare nei reparti dove la presenza è particolarmente necessaria come, ad esempio, le pediatrie e le terapie intensive neonatali” conclude Rossi.

"A rischio 10.000 posti letto nelle Rsa piemontesi"

"Entro fine anno - sottolinea Monica Canalis - potrebbe chiudere un terzo dei 30.000 posti letto autorizzati nelle Rsa del Piemonte, a causa della carenza di infermieri e della lentezza dei nuovi inserimenti in convenzione. Per questo ho presentato in Consiglio regionale un Question Time per capire quali misure la Giunta Cirio stia mettendo in campo. La risposta dell’assessore Icardi è stata insoddisfacente, e nonostante gli indirizzi regionali della Dgr 6 dell’1.12.2020 prorogati al 31 dicembre 2021, il numero di infermieri contrattualizzati dalle ASL e “distaccati” nelle RSA è troppo esiguo per far fronte ai bisogni, senza dimenticare che le procedure burocratiche per realizzare questo distacco sono eccessivamente complicate. Mancano infermieri anche nel settore pubblico e quindi la soluzione non può essere quella di tamponare ora qua ora là, togliendo da una parte e mettendo dall’altra. Così facendo si lasciano comunque scoperti troppi ambiti".

"Carenza di personale sanitario"

"Da alcuni anni il Sistema Sanitario Regionale sconta una carenza di personale sanitario, con una particolare gravità per quanto riguarda il personale infermieristico. Nel corso della pandemia molti infermieri hanno lasciato le Rsa per aderire ai bandi a tempo determinato delle ASL, che offrono condizioni retributive e contrattuali più vantaggiose. Ogni anno in Piemonte completano la propria formazione circa 600 infermieri, che bastano a mala pena per il naturale turnover dei pensionamenti".

"Evitare il tracollo del sistema socio sanitario"

"Se la Giunta vuole evitare il tracollo del sistema socio sanitario, con la chiusura di centinaia delle Rsa più piccole e la conseguente ospedalizzazione inappropriata dei loro ospiti, non può limitarsi a distaccare personale dal pubblico al privato. Poter disporre di un numero soddisfacente di lavoratori è poi necessario anche per evitare ogni forma di contenzione. Occorre avviare una ricerca di infermieri negli altri Paesi europei, facilitando le procedure di conversione e riconoscimento dei titoli di studio per verificarne l’equipollenza con quelli italiani, e soprattutto prendere in considerazione l’abolizione del numero chiuso o l’estensione del numero di posti nei corsi di formazione per infermieri. Va, invece, del tutto escluso l’impiego di personale non qualificato in deroga, come ventilato pochi giorni fa dall’assessore Icardi a mezzo stampa".

"La Giunta Cirio non può assistere passivamente"

"Le Rsa sono enti privati, ma essendo autorizzati ad operare dalle ASL ed essendo spesso in convenzione, devono essere considerate a tutti gli effetti concessionari di pubblico servizio, finanziati dal Fondo Sanitario Regionale. Significa che la Giunta Cirio non può assistere passivamente alla scomparsa dei servizi sul territorio, ma deve garantirne la sopravvivenza, adoperandosi per uscire dalla paralisi dei nuovi convenzionamenti e dalla penuria di infermieri. È un dovere nei confronti dei numerosi anziani, spesso non autosufficienti, della nostra Regione, delle loro famiglie e anche delle migliaia di lavoratori che nelle Rsa sono impiegati".

In lista d'attesa ben 7.200 persone

"Bisogna al più presto abbattere la lista d’attesa di 7.200 persone che hanno richiesto un progetto residenziale in Rsa (dato del 9.2.2021, che esclude le ulteriori 2.240 richieste di valutazione UVG non ancora concluse) e per farlo occorre attivare i convenzionamenti, non proseguire nel risparmio messo in atto nel 2020 (solo 238 milioni spesi per convenzionamenti, a fronte dei 249 del 2019) e reclutare nuovi infermieri.

Solo così si garantirà la sopravvivenza delle Rsa e si potrà impostare un serio piano di riforma di queste strutture, adeguando i parametri assistenziali sanitari e socio-sanitari e aggiornando il modello di cura.

Non è tuttavia possibile alcuna azione di riforma in assenza di condizioni soddisfacenti della forza lavoro".

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