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No alla cava di San Bernardo, il M5S si schiera con il quartiere

Dopo le polemiche il M5S si schiera con il quartiere.

No alla cava di San Bernardo, il M5S si schiera con il quartiere
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No alla cava di San Bernardo, il M5S si schiera con il quartiere.

No alla cava a San Bernardo

A San Bernardo torna a preoccupare la coltivazione della cava Cogeis in località Fornaci. Dieci anni dopo la concessione rilasciata tra le polemiche dei residenti dall’allora esecutivo Carlo Della Pepa «bis», la società ha infatti recentemente chiesto il rinnovo delle autorizzazioni. E la scorsa settimana sulla recinzione al campo sportivo del quartiere è stato posizionato il cartello di protesta del Comitato «No Cava». Era l’ottobre 2014 quando il Consiglio comunale di Ivrea approvò lo schema di convenzione per l'attività estrattiva a San Bernardo, prevedendo così la trasformazione di una vastissima area agricola (circa 56mila metri quadrati di proprietà dell'impresa, attualmente incolti per la presenza di argilla e limo). Vennero presentati pure due ricorsi, uno al Consiglio di Stato, l’altro al Presidente della Repubblica, non ottenendo però l’esito sperato. La cava per l'estrazione di circa 260mila metri cubi di ghiaia e sabbia ottenne il via libera definitivo, senza essere però avviata. A votare contro i gruppo allora in opposizione, come il M5S oggi in maggioranza con l'assessore Massimo Fresc e anche Viviamo Ivrea oggi nell'esecutivo con l'assessore Francesco Comotto.

Il M5S si schiera con il quartiere

"La nuova domanda di sfruttamento della cava sarà valutata ed eventualmente autorizzata non più dal Comune, ma dalla Città Metropolitana - scrivono in sintesi in una nota stampa - Gli uffici comunali competenti dovranno comunicare alla Città Metropolitana il risultato delle istruttorie tecniche di loro competenza relative agli aspetti urbanistici, ambientali e legati alla viabilità; apprezziamo la scelta dell’ amministrazione eporediese, comunicata durante un incontro con rappresentati del quartiere di San Bernardo, di aver incaricato i suoi uffici e consulenti esterni di avviare nuovi e più approfonditi studi di tipo tecnico al fine di tutelare la salute e la vivibilità del quartiere. Le opere di compensazione e le possibili prescrizioni previste nel passato dovrebbero essere rivalutate e se possibile rafforzate, sia per contenere al minimo le ricadute di inquinanti ambientali, sia per la sicurezza della circolazione nella zona.  Il primo aspetto riguarda l'impatto ambientale che avrà l’aumento decisamente consistente dei flussi di camion in transito (alcune valutazioni accurate parlano del passaggio di una media di circa 90 camion di medie dimensioni al giorno per dieci anni), numeri che potrebbero di molto aumentare in caso di necessità, poiché non esiste un vincolo giornaliero alla quantità di mezzi che possono transitare. Le attività previste comporteranno importanti problemi legati alla rumorosità e alla dispersione di polveri nella zona che confina con il centro abitato di San Bernardo. L’apertura di una cava vicino a un abitato potrà inoltre comportare una diminuzione del valore immobiliare delle case per lo più di semplici cittadini, spesso frutto di grandi sacrifici economici. Nel 2014, l’ARPA aveva osservato che non è possibile reperire in 10 anni i 206 mila metri cubi previsti di terre e rocce da scavo dai soli comuni limitrofi; il conclusivo riempimento dello scavo risultante dai prelievi di sabbia e ghiaia si apre quindi a materiali provenienti da altre zone delle quali al momento nulla è dato a sapere e la cui natura richiederebbe garanzie perché vengano già all'origine rigidamente controllati. La posizione del Movimento 5 Stelle di Ivrea continua ad essere contraria allo sfruttamento della cava di San Bernardo, per le ragioni sopra dette e già dichiarate nel 2014, a cui oggi si aggiunge un’ulteriore riflessione. Ci domandiamo come sia possibile che il diritto allo sfruttamento debba mantenersi inalterato su un bene naturale così importante. Dieci anni fa sembrava che senza quella cava l’attività sarebbe stata compromessa e con essa il posto di lavoro di molti operai. A distanza di dieci anni non un grammo è stato estratto dalla cava, dunque tutta questa necessità evidentemente non c’era e presumibilmente non c’è neppure oggi; questa situazione di incertezza protratta negli anni crea nel quartiere nuove preoccupazioni. In prospettiva è necessario mettere in campo un’azione politica a livello nazionale che modifichi l’attuale normativa, limitando anche il periodo di tempo in cui si concede il diritto di sfruttamento delle cave, così come più in generale il diritto a costruire, che non deve essere un diritto acquisito per sempre".

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