Ancora tracce di ‘ndrangheta in città: Luigi Marando in arresto per droga
L’arresto
Uno dei cognomi più ingombranti della storia criminale del Canavese torna a scuotere Volpiano. Luigi Marando, 36 anni, nato a Cuorgnè ma cresciuto in paese, è stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina. L’operazione, condotta dagli agenti dello Scico della Guardia di Finanza di Milano e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha portato in carcere altre 14 persone tra Lombardia, Calabria e Piemonte. Secondo gli inquirenti, il gruppo avrebbe gestito l’acquisto e la distribuzione di partite di cocaina arrivate in Europa anche attraverso il porto olandese di Rotterdam, durante e dopo il lockdown, utilizzando telefoni criptati per comunicare in modo riservato. Luigi (detto «Gino») Marando, che nei messaggi criptati si faceva chiamare Dsquared2, avrebbe gestito parte dei traffici nel Nord Italia.
L’eredità del padre
Un nome in codice che richiama un marchio di lusso, lo stesso stile ostentato sui social, dove tra auto sportive e citazioni di Scarface si presentava come «Luigi ’i Pascalinu». Tradotto: «Luigi, figlio di Pasqualino»: il nome di suo padre, conosciuto da tutti come l’«Escobar italiano». Figura apicale della locale di Volpiano e protagonista della stagione d’oro del traffico di stupefacenti tra la fine degli Anni Ottanta e i primi Duemila, Pasquale Marando scomparve nel 2002, attirato in una trappola a Platì e ucciso nell’ambito di un regolamento di conti tra clan rivali della ‘ndrangheta. Secondo gli investigatori, il figlio Luigi, fattosi carico di quel che resta dell’eredità del padre, avrebbe cercato di seguirne le orme. Nonostante si fosse trasferito a Platì, dove viveva in regime di sorveglianza speciale con obbligo di dimora, Marando aveva tentato più volte di tornare nella «sua» Volpiano, vicino ai luoghi in cui è nato e dove la sua famiglia si era stabilita alcuni decenni fa. Riuscito a tornare al Nord, si muoveva con disinvoltura tra Leinì e Volpiano (dove per un periodo aveva anche lavorato all’hotel – oggi confiscato – dei Vazzana), parlando di affari e pretendendo pagamenti da debitori della droga, al punto da minacciare di «scannare» due persone.
Una saga (non solo) familiare…
L’arresto di Marando arriva pochi mesi dopo un altro colpo alla stessa famiglia: a luglio, a Roma, era stato arrestato Rosario Marando, 57 anni, fratello di Pasquale e zio di Luigi, indicato come figura di vertice della ‘ndrina di Platì. L’operazione, denominata Anemone, aveva portato a 28 arresti tra Lazio e Calabria, svelando il radicato controllo sul traffico di stupefacenti nel quartiere di San Basilio e l’intesa criminale tra la ’ndrangheta calabrese e la mafia albanese. Il nome di Volpiano, in particolare, era tornato al centro delle cronache giudiziarie dopo che a maggio i Carabinieri di Reggio Calabria avevano arrestato Francesco Barbaro, accusato di associazione di tipo mafioso, e Franco Violi, accusato (in concorso) di «aver costituito un’associazione, gerarchicamente e stabilmente organizzata, volta all’effettuazione di una serie indeterminata di delitti in materia di stupefacenti». L’arresto di Marando arricchisce un mosaico complesso confermando, ancora una volta, quanto il nome di Volpiano resti legato alle trame della ‘ndrangheta. Una storia che, dai borghi dell’Aspromonte al Nord Italia passando per il Sudamerica, sembra non chiudersi mai.