Interviste

Discoteche chiuse il commento dei dj canavesani

Maurizio De Stefani dice: "La musica è aggregazione, non distanziamento sociale!".

Discoteche chiuse il commento dei dj canavesani

Discoteche chiuse il commento dei dj canavesani.

Discoteche chiuse

Sulle discoteche chiuse ecco il commento dei dj canavesani. La decisione governativa della serrata delle discoteche e il relativo giro di vite nell’ambito della regolamentazione delle attività di bar e disco pub nella fascia serale non hanno lasciato indifferenti gli addetti ai lavori del settore. Per Sergio Datta, in console dal dicembre del 1981: «Si stanno facendo troppe chiacchiere in merito alla questione e allo stesso tempo vorrei sottolineare come non sia stato fatto nulla di concreto per sostenere economicamente il nostro settore in agonia: da Carnevale tutti i locali sono chiusi e pertanto nessuno ha visto il becco di un quattrino, per cui ritengo che il mondo della vita notturna sia stato totalmente abbandonato a se stesso».

I commenti

Secondo Kristian Rovier, in attività dal 1990 allo stato attuale delle cose è in atto una sorta di lento soffocamento: «Un po’ come quando manca l’ossigeno: lo cerchi disperatamente e speri che torni in fretta.  È  una situazione davvero assurda per il mondo della notte che rimane gravemente ferito e in aggiunta senza medicazioni!». Era il 1985 quando Beppe Borgazzi DJ mosse i suoi primi passi nell’ambito della vita notturna eporediese e dopo 35 anni in questo clima surreale non può che dire: «Accetto mio malgrado questa pesante decisione, tuttavia non ci resta che attendere nuovi significativi provvedimenti».

La riflessione

Per il decano dei dj eporediesi Maurizio De Stefani, in console dal 1978: «Già a giugno avevo espresso le mie perplessità in merito alla riapertura attuata con una normativa la cui applicazione pareva poco sostenibile in termini economici e che si prestava ad alcune pericolose interpretazioni individuali. Tant’è vero che dopo poco tempo si è optato nuovamente per la linea dura. Inoltre vi sono molti aspetti del nostro mestiere dei quali non si tiene conto: penso ad esempio ai tutti quei contratti artistici già firmati per eventi annullati-spostati-recuperati e annullati una seconda volta senza peraltro considerare le molteplici incombenze burocratiche e fiscali. Inoltre non mi sento da un lato di incolpare ne il pubblico che è stato chiuso in casa per mesi e che giustamente vorrebbe potersi finalmente riappropriarsi quanto prima di un proprio stile di vita, ne tanto meno puntare il dito contro i gestori che si sono ritrovati a dover gestire un qualche cosa di difficile amministrazione per la natura stessa del fenomeno. Credo che con un po’ di volontà e di buonsenso da ambo le parti, ad esempio limitando gli ingressi come richiesto dal decreto e “qualche” mascherina indossata in più, forse, la nuova chiusura si sarebbe potuta evitare o perlomeno far sì che la discoteca non venisse subito additata come il “diavolo” divenendo così un facile capro espiatorio. La mia  è la riflessione di chi, di questo “diavolo”  ne ha fatto dapprima una passione e poi un lavoro, pertanto  da lavoratore dello spettacolo voglio concludere affermando che  la musica è aggregazione, non distanziamento sociale!».