Furti ai bancomat con il metodo della “marmotta”, un 48enne in carcere
I Carabinieri di Torino hanno individuato uno dei presunti autori.

Furti ai bancomat con il metodo della “marmotta”, un 48enne in carcere. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino hanno individuato uno dei
presunti autori.
Furti ai bancomat
Nella mattinata del 31 luglio scorso, i Carabinieri della seconda sezione del Nucleo Investigativo di Torino, coordinati dalla Procura di Ivrea, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un uomo italiano di 48 anni perché gravemente indiziato di “furti ai danni di ATM con congegni esplosivi artigianali” con il metodo della cosiddetta “marmotta”.
L'indagine dei Carabinieri
L’attività investigativa, eseguita con servizi di osservazione e con l’ausilio di mezzi tecnici, scaturisce dal furto avvenuto il 24 gennaio 2024 in danno dello sportello ATM delle Poste Italiane di Castagneto Po. L’indagine ha permesso ai Carabinieri di accertare il presunto coinvolgimento dell’uomo in diversi colpi messi a segno tra il 2023 e il 2024 in alcuni sportelli bancomat della provincia di Torino.
La banda della marmotta
I furti, studiati nei minimi particolari, avvenivano sempre mediante l’utilizzo di autovetture rubate e servendosi di un manufatto artigianale chiamato in gergo “marmotta”, nome probabilmente dato perché il fischio che l'ordigno emette poco prima della deflagrazione ricorda appunto la marmotta. Sostanzialmente il manufatto veniva inserito con forza all’interno dell’erogatore di banconote e fatto esplodere per mezzo di un innesco elettrico dato dal collegamento con una batteria per auto. La deflagrazione provocava la rottura della cassaforte automatica permettendo ai malfattori di sottrarre il denaro contante custodito al suo interno.
Un 48enne in carcere
Il presunto malfattore, espletate le incombenze di rito, è stato accompagnato presso il carcere di Ivrea. (Il provvedimento a carico del soggetto citato è stato emesso durante le indagini preliminari e, pertanto, vige la presunzione di non colpevolezza).