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Il «giallo» dei capitali spariti: c’è chi rischia 500mila euro

Una trentina di clienti di un broker della zona non hanno più notizie dei soldi investito in una «piramide».

Il «giallo» dei capitali spariti: c’è chi rischia 500mila euro
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Sono circa una trentina i clienti canavesani che sono in attesa, da mesi, di una risposta da un promotore finanziario circa i capitali investiti e dei quali, pare, non ci sia più traccia. E ora la sensazione - che serpeggia tra le persone che hanno effettuato investimenti di cui nella piattaforma on line di controllo non si trova più riferimento - è quella di panico. Sono ingenti le somme di cui si parla.

Il «giallo» dei capitali spariti: c’è chi rischia 500mila euro

Cifre messe nero su bianco in virtù di un rapporto «professionale» instaurato negli anni:  il broker e i suoi clienti è da tempo che fanno affari insieme, ma questa volta sembra che qualcosa non abbia funzionato.
Fiducia che ha spinto a sottoscrivere contratti con investimenti finanziari anche dell’ordine di 300,000 euro; e c’è chi è andato oltre: mezzo milione di euro. Una vera fortuna. «Abbagliati» da tassi di interesse del «prodotto» finanziario in questione molto elevati, molto più delle media del mercato azionario. Ma oggi, però, il sospetto è che si tratti della classica truffa finanziaria più frequente, quella del cosiddetto "schema piramidale" o "schema Ponzi", dal nome del suo ideatore che operava negli Stati Uniti agli inizi del ‘900. Ed è uno schema che non sembra subire i segni del tempo che passa da quando è stata ideata perché è una delle azioni più eclatanti di tutti i tempi.

Ci sono una trentina di persone che sono “incastrate”

In buona sostanza si tratta di un'attività truffaldina nella quale chi entra per primo ottiene ritorni economici a spese dei successivi "investitori". Si tratta di una sorta di "catena di Sant'Antonio", nella quale vengono promessi interessi molto elevati, pagati agli "investitori" mediante il denaro apportato dai nuovi soggetti che hanno aderito successivamente allo schema. Ma c’è un ma.
Il «gioco» funziona fino a quando resta elevata la capacità di attrarre nuovi partecipanti. Quando, invece, il nuovo denaro in entrata non riesce più a coprire gli interessi promessi a coloro che già sono coinvolti nello schema, il circuito si blocca, manifestando – a quel punto - la sua natura «malata».
Ora, tra Rivarolo, Castellamonte e Cuorgné ci sono una trentina di persona che sono “incastrate” in questo meccanismo e che da tempo non ricevono più gli interessi pattuiti, ma non hanno più contezza neanche del capitale investito, verosimilmente utilizzato per pagare i “guadagni” di chi era entrato nel circuito in precedenza. C’è da capire adesso se anche il broker che ha spinto il “prodotto” che prometteva performance al si sopra della media e che ha attirato gli investitori canavesani, sia a sua volta vittima di raggiro o meno. In queste ore gli avvocati sono al lavoro per trovare una via di uscita e far riavere i capitali investiti ai propri clienti, prima che inizi una guerra di carte bollate in tribunale con la sensazione che di quei capitali, però, riemergerà ben poco. E come spesso capita in queste situazioni, gli analisti consigliano di diffidare di prodotti finanziari che promettono alti guadagni e in poco tempo, perché il rischio è di vedere sparire tutto il capitale investito. E in questo caso non è poco.

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