Strage di Rivarolo Renzo Tarabella andrà a processo
I periti hanno certificato che può affrontare un'aula di tribunale e rispondere di quattro omicidi.
Strage di Rivarolo, Renzo Tarabella andrà a processo: lo ha deciso stamattina il Gup di Ivrea.
Strage di Rivarolo
“Soddisfatti per aver dimostrato grazie anche alla consulenza del Dottor Roberto Gianni che le motivazioni per l’assassinio dei signori Dighera trovavano ragione in sentimenti di rabbia e rivalsa e non in uno stato psicopatologico. Qualunque sarà l’esito del processo in Corte d’Assise rimarrà l’amarezza per il mancato ritiro al Tarabella della pistola senza la quale non avrebbe compiuto la strage”. Questa l'amara considerazione dell'avvocato di parte civile Sergio Bersano, che cura gli interessi di Francesca Dighera figlia dei coniugi uccisi, al termine dell'udienza di questa mattina, giovedì 9 febbraio. E proprio alla vigilia dell'appuntamento di questa mattina, lo stesso avvocato Bersano dichiarava che "vedo uno spiraglio (giuridico) e spero che questa decisione possa portare all'apertura del processo" e così è stato.
Il Giudice dell'udienza preliminare di Ivrea, Antonio Borretta, ha revocato l'ordinanza di sospensione del processo in quanto i periti coinvolti, sia del Pubblico ministero che di parte civile, sono arrivati alla conclusione che l'uomo, adesso, è capace di intendere e volere e quindi può stare in giudizio.
Corte d'Assise
Dunque, è stata fissa la data della prima udienza del processo davanti alla Corte d'Assise - che a Ivrea non si riuniva dai tempi del caso di Gloria Rosboch - per il 20 giugno 2023. Dalla udienza di quest'oggi è scaturito anche che il Tarabella, al momento dei fatti, era quantomeno parzialmente capace di intendere di volere, il che dà già un indirizzo sui binari su cui si muoverà la difesa durante il processo che inizierà la prossima estate.
La strage del 10 aprile
Il pensionato 84enne di Rivarolo il 10 aprile 2021 ha ucciso a colpi di pistola, nel suo alloggio di corso Italia a Rivarolo Canavese, la moglie Maria Grazia Valovatto, il figlio disabile Wilson e i vicini di casa Osvaldo Dighera e Liliana Heidempergher, nonché proprietari dell'alloggio dove lo stesso Dighera viveva e se è possibile, la realtà fatta degli inquirenti è stata ancora più inquietante e drammatica della prima ricostruzione di cosa accadde in quel maledetto appartamento al quinto piano del condominio Raffaello di corso Italia 46 a Rivarolo.
Se cosa fosse successo e - quando - ai coniugi Dighera, visto il lasso di tempo dalla scomparsa dalle 19 di sabato 10 aprile all’irruzione nella notte, intorno alle 3, di domenica 11 aprile, è stato ricostruito fin da subito con un grado di precisione prossimo alla realtà dei fatti, mentre non era chiara quale fosse la tempistica della sorte che Renzo Tarabella ha riservato ai propri congiunti.
Il fatto che avessero ancora indosso i pigiami e siano stati ritrovati all’interno dei propri letti fin da subito ha fatto avanzare diverse ipotesi e le autopsie svolte la scorsa settimana dal medico patologo forense, Roberto Testi, ha confermato quanto di più terribile si potesse immaginare. Anche se l’esame autoptico sui corpi di Maria Grazia Valavotto e Wilson Tarabella non riuscirà ad indicare con precisione l’orario esatto dell’omicidio, ne posiziona comunque l’asse temporale. E sposta indietro e di molto le lancette dell’istante in cui Renzo Taraballa ha premuto il grilletto contro i propri famigliari. Perché dopo gli esami effettuati sui cadaveri l’ipotesi che ha preso corpo, che verrà poi confermata in sede di interrogatorio dall’indagato è quella che li abbia uccisi già al mattino di sabato 10.
Le indagini
E si spiegherebbe il perché madre e figlio avessero indosso ancora il pigiama. E anche se sull’ordine di “esecuzione” non c’è certezza, vi è sul fatto che i primi due omicidi siano avvenuti a pochi minuti di distanza uno dall’altro. Per non dare, cioè, possibilità al secondo di capire cose stesse succedendo ed, eventualmente, fermare il piano omicida del Tarabella. A questo punto si immagina, in attesa di conferme o smentite da parte dello stesso protagonista dell’efferato delitto plurimo, che abbia poi trascorso tutto il giorno con i due cadaveri in casa. Con una certezza: al campanello di casa non avrebbe suonato nessuno, visto che con il mondo esterno aveva tagliato i ponti e, quindi, un’eventuale visita a sorpresa di un amico o parente è da escludere a priori perché fuori dall’ordine di idee della situazione che Renzo Tarabella aveva costruito intorno a sé negli anni.
In casa con i cadaveri
E pertanto, in questa situazione, avrebbe trascorso la mattina, l’ora del pranzo (ha anche mangiato in cucina con al di là del muro moglie e figli con un colpo conficcato in testa?) e poi tutto il pomeriggio fino a poco le 19 per poi far entrare nella casa dell’orrore Osvaldo Dighera. Altra domanda fondamentale: tutto premeditato? Probabilmente sì e per gli inquirenti questa sarebbe la strada giusta da perseguire. Imboccata, «leggendo» il comportamento dell’assassino una volta dato l’allarme e le ore in cui i carabinieri hanno cercato i coniugi Dighera a tutti i piani del civico 46 di Corso Italia. E se Osvaldo Dighera, proviamo ad ipotizzare, si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato, anche Liliana Heidempergher ha avuto la «sfortuna» di suonare al campanello e certificare il suo appuntamento con la morte? Se Renzo Tarabella non avesse avuto istinti omicida anche nei loro confronti, perché non ha finto, come con i carabinieri, di non essere in casa? Di «tacere» la propria presenza all’interno dell’alloggio? E poi quei due biglietti lasciati in cucina, non di scuse ma di accuse con quelle frasi contro la società civile e la famiglia Dighera sono un altro indizio della lucida disperata follia che ha armato la mano di Renzo Dighera e messo fine a quattro esistenze. Una strage.