Rivarolo Canavese

A Palazzo Lomellini in mostra le xilografie di Gianni Verna

La mostra sarà visitabile sino al 2 giugno

A Palazzo Lomellini in mostra le xilografie di Gianni Verna
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A Palazzo Lomellini in mostra le xilografie di Gianni Verna fino al 2 giugno.

A Palazzo Lomellini in mostra le xilografie di Gianni Verna

Spazio Lomellini, al piano terra del Municipio di Rivarolo Canavese, via Ivrea 60, accoglie le xilografie di Gianni Verna, in una mostra curata da Gianfranco Schialvino e promossa da Unitre, sezione di Rivarolo – Favria – Feletto. Dopo l’inaugurazione di questo pomeriggio, sabato 20 maggio alle 16.30, la mostra sarà visitabile sino al 2 giugno, il martedì e il venerdì dalle 15 alle 17, sabato e domenica con orario 10-12 e 15-18.

Gianni Verna

Nato a Torino nel 1942, diplomato all'Accademia Albertina di Torino, dove è stato allievo di Francesco Casorati per la pittura e di Francesco Franco per la grafica, Gianni Verna da decenni ha scelto la xilografia come mezzo espressivo. Dal 1987 condivide con Gianfranco Schialvino l’avventura creativa di Nuova Xilografia, “operativo cenacolo a due”, secondo la definizione di Angelo Dragone, che dieci anni dopo crea Smens, unica rivista ad essere stampata con caratteri mobili e che accoglie testi di scrittori, poeti, studiosi da tutto il mondo, illustrati con matrici in legno di artisti italiani e internazionali. Dopo essere stata esposta a Milano, Ai primi undici numeri, a inizio 2023 si è aggiunto il dodicesimo, in occasione della mostra dedicata a Smens presso la Biblioteca Reale di Torino. E un’altra biblioteca, quella di Rivarolo, nel 1992 ospitava la mostra di Verna e Schialvino dedicata ad Eugenio Montale. Un dialogo tra arte e letteratura che Verna ha rinnovato recentemente, confrontandosi con un bestiario e un repertorio di demoni e mostri ispirati all’Inferno dantesco.

Un percorso fino “alla vetta che buca il cielo"

Come scrive Gianfranco Schialvino, la mostra rivarolese è una preziosa occasione per percorrere i legni incisi da Gianni Verna, attraversando prati, sentieri, rocce e seracchi, superando gli strapiombi, fino “alla vetta che buca il cielo, dove si rifrange il vento che culla i cristalli della tormenta”.

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