la polemica

Emergenza Covid, decisioni prese dal Governo con il 15% di informazioni

La senatrice eporediese Virginia Tiraboschi: "il Governo e il suo Premier non avrebbero dovuto sottostimare, se avessero agito con competenza e meno litigiosità interna".

Emergenza Covid, decisioni prese dal Governo con il 15% di informazioni
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Emergenza Covid, a settembre il Governo decise avendo in mano appena il 15% di informazioni.

Emergenza Covid

A settembre, quando il Governo ha deciso di riaprire le scuole e non prendere provvedimenti, pur sapendo statisticamente l’andamento delle malattie respiratorie in autunno, disponeva di appena il 15 per cento dei dati sul Covid (dato nazionale sui tamponi che rispecchia anche quello locale e delle aziende territoriali). Il premier Conte nell’ultima conferenza stampa ha dichiarato di non «avere la sfera di cristallo» per prevedere il futuro. Di fronte ad un dato così scarso, da buon statista il Premier in primis, non avrebbe dovuto usare almeno maggiore cautela? Il 15 per cento era davvero irrisorio per prendere decisioni importanti come la riapertura delle scuole.

Le riflessioni della senatrice eporediese Virginia Tiraboschi

«Un buon statista deve sempre immaginare lo scenario peggiore e prevenirlo con una serie di misure che, in fase di attuazione, servono a correggere immediatamente una situazione di allerta, qual è quella attuale, soprattutto alla luce di numeri e percentuali che, al di là dell’impossibilità di leggere il futuro, più tipica dei maghi che trovano sempre qualcuno al quale far credere le loro qualità preveggenti, il Governo e il suo Premier non avrebbero dovuto sottostimare, se avessero agito con competenza e meno litigiosità interna - commenta la senatrice Virginia Tiraboschi (nella foto), l’unica eporediese eletta a Roma ad aver risposto alla domanda - Le percentuali e i numeri a inizio settembre erano significativamente bassi, ma se si fosse prudentemente pensato all’imminente autunno e al calo delle temperature conseguenti, non si sarebbero sottovalutati, ma soprattutto, se si fosse attuata quest’estate una strategia operativa preventiva sui trasporti, le scuole, i medici di base, le attività produttive, gli uffici pubblici, disponendo linee guida nazionali flessibili, declinabili dai livelli istituzionali regionali con misure differenziate a seconda delle caratteristiche dei territori che, come noto a chi fa seriamente politica, non sono tutti uguali in termini di densità abitativa, di densità produttiva e commerciale, di servizi pubblici, di accesso alla Bul, di condizioni socioeconomiche e quant’altro ogni singola istituzione locale avrebbe dovuto e potuto analizzare sulla base di dati che si stanno rivelando essere diversi da una regione all’altra». E precisa: «Entrate scaglionate a scuola e in alcuni casi anche alternate con la didattica a distanza, entrate scaglionate al lavoro e per alcune attività alternate con lo smart working, coinvolgimento dei medici di base per evitare l’intasamento degli ospedali, maggiore responsabilità individuale per una più diffusa responsabilità collettiva, informazione meno terroristica, ma attenta alla prudenza e al rispetto delle regole e del prossimo: questi alcuni spunti sui quali, dal giorno dopo la fine del terribile lockdown della primavera scorsa, il Governo avrebbe potuto ragionare con le Regioni, assumendo in maniera unitaria e preventiva decisioni condivise nell’interesse del paese e della comunità italiana, senza dover arrivare all’ultimo momento in una situazione di totale incertezza, confusione e scarico reciproco di responsabilità».

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