Ivrea Panattoni si dimette dal PD, partito nella bufera
La lettera polemica delle dimissioni.
Ivrea Panattoni si è dimesso, un'altra tegola per il PD eporediese che perde un altro pezzo da novanta.
Ivrea Panattoni
Ancora dimissioni nelle fila del PD eporediese. Uno dopo l'altro piano piano stanno uscendo dal partito tutti i vertici, ultimo (in ordine di tempo) Giorgio Panattoni, ex deputato all'epoca dei DS.
Lo ha fatto ufficialmente con una lettera datata 28 marzo, indirizzata alla segreteria del circolo del PD di Ivrea.
Nella missiva Panattoni non risparmia la polemica all'indirizzo della nuova gestione del PD. Pubblichiamo la lettera in versione integrale.
La lettera di dimissioni
Con la presente desidero inviarvi le mie dimissioni dal partito.
Come ho più volte comunicato al segretario non riesco a partecipare ad un partito standone fuori, senza alcuna possibilità di colloquio e di confronto.
L’ultima occasione di disagio profondo, e non è certamente la sola, è stato l’ultimo direttivo, che mi è stato detto aperto, ma del quale non abbiamo, non ho, ricevuto alcuna comunicazione. E ovviamente neppure l’ordine del giorno, che comprendeva l'elezione del presidente del circolo. E che altro?
Dopo l’uscita di Ballurio e i suoi e dopo l’uscita di undici altri esponenti dal direttivo non era utile fermare le bocce e ripensare a che fare tutti insieme? Certo bastava seguire la burocrazia, che notoriamente non contiene elementi di particolare qualità. Cosa che è stata fatta.
Avevo sperato che dopo le dannose vicende dell’ultima gestione, e l'elezione di un nuovo segretario, giovane e desideroso di fare, si potesse avviare una fase diversa, di gestione unitaria dopo le lotte intestine che hanno distrutto il partito e il suo rapporto con la città.
Ma l’esito delle primarie per la candidatura sindaco, con la uscita della Ballurio e di alcuni altri esponenti del partito, l’odio che hanno manifestato, che ha raggiunto il limite di fare un accordo con tutte le altre forze di destra della città pur di giungere a ”mandare a casa chi ha governato sino ad oggi” è stato un colpo davvero duro.
Avrei pensato utile e opportuna una discussione in merito, la definizione di qualche azione per capire, per spiegare, per fare, ma non è successo nulla.
Forse, chiusi in qualche stanza, chi dirige il partito avrà pensato di essere autosufficiente, che non servisse nessuno, che la città avrebbe capito da sola.
Poi sono venute le elezioni politiche a confermare che stiamo sbagliando a isolarci e a credere di essere ancora quelli di prima in un mondo che è tanto cambiato.
Avevo ancora sperato che chi era rimasto nel partito fosse almeno capace di operare per una ricomposizione di obiettivi e di programmi, ma anche questo non è avvenuto, con l’uscita dal direttivo di molti esponenti di spicco.
Il tutto, per quanto mi riguarda, stando sempre fuori, costretto a cercare di capire dal buco della serratura cosa stava succedendo, senza un luogo dove confrontarsi, dove lavorare per arginare le spinte centrifughe, per ritrovare un rapporto positivo con i cittadini.
E questa situazione ha coinvolto molti altri iscritti, orfani di iniziative, di analisi e di dibattiti.
E infine le decisioni prese da un ristretto gruppo senza consultare nessuno, senza almeno informare preventivamente degli indirizzi che si intendevano seguire.
Forse sta nascendo una nuova “cupola”, tanto esecrata in passato.
E non mi sono certo tirato indietro, alla Commissione per il Programma ho mandato tutte le mie elaborazioni sul Progetto per Ivrea, sulla Fabbrica della Cultura, sulla Candidatura Unesco, etc. Un contributo, come si fa nelle famiglie che funzionano.
Se le cose continuano ad andare così qualcuno, possibilmente da solo o quasi, deciderà quello che si deve fare. E tanto basta.
Bene, non sentirete certo la mia mancanza, visto che questa c’è stata e c’è ora e in modo così profondo.
Non sapendo quasi nulla non so neppure se augurare successo, che per me significa costruire un futuro comune e condiviso.
Prego portare questa mia nota a conoscenza di tutti gli iscritti.
Grazie e arrivederci da qualche parte.
GIORGIO PANATTONI