A Feletto riapre il museo dei cercatori d'oro nell'Orco
Dal direttivo: «Intendiamo ripartire, coinvolgendo i giovani. Abbiamo la prospettiva di trasferirci al piano terra della nuova manica dell'ex asilo, attualmente in ristrutturazione».
A Feletto riapre il museo dei cercatori d'oro nell'Orco. Dal direttivo: «Intendiamo ripartire, coinvolgendo i giovani. Abbiamo la prospettiva di trasferirci al piano terra della nuova manica dell'ex asilo, attualmente in ristrutturazione».
A Feletto riapre il museo dei cercatori d'oro nell'Orco
Ai cercatori dell’oro sul torrente Orco è dedicata una mostra permanente nell'edificio di piazza Martiri Felettesi 2. Prima del Coronavirus qui venivano effettuate numerose visite didattiche da parte di scuole e privati. Racconta Guido Gola, segretario dell’associazione “La Via dell'Acqua d'Oro”: «Prima dell'emergenza sanitaria avevamo una quarantina di soci e i locali erano aperti a orari fissi. Adesso intendiamo ripartire, coinvolgendo i giovani. Tra l'altro ora abbiamo la prospettiva di trasferirci al piano terra della nuova manica dell'ex asilo, attualmente in ristrutturazione. Inoltre auspichiamo d'accedere ai contributi regionali per rilanciare il museo, trovando un nuovo assetto».
Inaugurato nel 2007
Il museo è stato inaugurato nell'aprile del 2007, grazie all' interessamento di un gruppo di persone provenienti da tutto il Canavese e accomunate dalla passione per la pesca. Il principale promotore è stato il felettese Giovanni Vautero, classe 1929, venuto a mancare il 4 giugno 2017. Racconta Gola: «Vautero ha raccontato la sua storia in un libro. Ha iniziato a setacciare l’oro sulle rive dell'Orco a sei anni, insieme al padre e alla madre Candida Ricciardi. Da adulto ha partecipato a gare internazionali organizzate dai cercatori d'oro, seguendo una procedura unificata. Nell'agosto del 2007 si è anche svolta una gara celebrativa. Da allora è iniziata la vita del museo dove è custodito anche un plastico che riproduce l’asta del fiume da Ceresole a Feletto».
La storia
Nella grande sala sono visibili le foto di coloro che hanno contribuito a tenere viva la memoria della ricerca dell’oro. Interviene Piergiovanni Bocchino, uno dei componenti della compagine: «Nei secoli passati l’estrazione dell’oro era un’attività praticata da diverse famiglie contadine che, in tal modo, integravano le entrate familiari. Chi trovava metalli preziosi in un punto lo segnava con un cumulo di pietre a cui era opportuno non avvicinarsi. Sino agli anni '60 e stata un’attività praticata soprattutto dopo le alluvioni, in seguito alle quali veniva eroso il materiale roccioso dei grandi massici per essere depositato a valle». A testimonianza della popolarità di questa pratica ritroviamo sulle pareti dell’ambiente espositivo una fotografia che testimonia una festa dei cercatori d'oro avvenuta nel 1919. Negli anni successivi al dopoguerra c'erano persone che trascorrevano mezza giornata setacciare la sabbia con una batea in legno di noce per raccogliere un grammo d' oro da depositare in un fazzolettino solitamente di colore nero. La procedura era piuttosto complicata e il risultato, dopo tanto impegno, era davvero modesto. Dopo aver messo da parte le pietre grosse, venivano creati dei piccoli cumuli depositati su delle assi con delle scanalature. Qui si faceva scorrere l'acqua per consentire ai metalli di depositarsi. Quindi questo materiale veniva trasferito nella batea e setacciato. Conclude Gola: «Il nostro augurio è tornare presto ad accogliere gli allievi delle scuole».