Asa, il debito milionario lo devono pagare i Comuni
La Cassazione ribalta la sentenza di II grado del Lodo che scagionava le amministrazioni locali dal ripianare i circa 37 milioni di «buco» di bilancio: si torna in Appello
Asa, il debito milionario lo devono pagare i Comuni. La Cassazione ribalta la sentenza di II grado del Lodo che scagionava le amministrazioni locali dal ripianare i circa 37 milioni di «buco» di bilancio: si torna in Appello.
Asa, il debito milionario lo devono pagare i Comuni
“La sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione”. Termina così – lapidaria - la decisione della Suprema Corte di Roma della Sezione Civile, presieduta da Umberto Luigi Cesare Giuseppe Scotti, in riferimento al Lodo arbitrale – ripianamento perdite che vede contrapposti 51 comuni del Canavese e il Consorzio Azienda Servizi Ambiente (A.S.A.) oggi in amministrazione straordinaria.
Dunque, ad un passo dal “gong”, quando dopo due gradi di giudizio a favore, che davano cioé ragione alle amministrazioni locali rispetto alla richiesta del Commissario Stefano Ambrosini di partecipare economicamente alla copertura del buco milionario creato dalla “municipalizzata” canavesana, gli ermellini della Capitale hanno ribaltato il giudizio dell’arbitrato e rispedito le carte alla corte d’Appello di Torino che (con altri giudici) dovrà nuovamente rivalutare la questione partendo, però, da un nuovo presupposto. Ovvero: è errato interpretare l’articolo 28 dello Statuto che regola il consorzio-azienda (in questo caso Asa) come una deroga a non imporre agli Enti consorziati la copertura di perdite diverse da quelle generate da costi sociali riguardanti i pubblici servizi e le attività agli stessi connesse. Ed è qui il punto.
Sentenze passate
Se la prima sentenza non definitiva della Corte di Appello di Torino, depositata il 23 luglio 2018, nonché quella definitiva della stessa Corte, depositata il 28 novembre 2019 che dichiaravano la nullità del lodo arbitrale, sottoscritto il 10 febbraio 2016, che aveva condannato gli enti locali partecipanti al Consorzio a ripianare le perdite da questi subite e maturate negli anni 2009-2013, mentre aveva respinto le domande risarcitorie avanzate dal Consorzio medesimo, ora la visione giuridica (e la decisione) è stata ribaltata.
Dunque: i Comuni di Bosconero, Busano, Ciconio, Favria, Lusigliè, Oglianico, Ozegna, Pertusio, Rivarolo, Rivarossa, Salassa e San Ponso, rappresentati e difesi dall’avvocato Stefano Cresta di Torino; Feletto difeso dall’avvocato Francesco Del Piaz di Torino; e ancora: Comunità montana Alto Canavese, Comunità montana Valchiusella, Valle Sacra e Dora Baltea Canavesana, Comunità montana Valli Orco e Soana, Comune di Valperga Canavese, Unione montana Alto Canavese, Unione montana Gran Paradiso, Unione montana Valle Sacra, Unione di Comuni montani Valchiusella, Unione montana Val Gallenca, Unione montana Valli Orco e Soana, Comune di Cuorgné, Comune di Valchiusa, Comune di Traversella, Comune di Vidracco, Comune di Vistrorio, Comune di Baldissero Canavese, Comune di Rueglio e Comune di Brosso difesi dagli avvocati Carlo Emanuele Gallo, Roberto Cavallo Perin e Alberto Romano dovranno tornare nuovamente in aula a difendersi.
Risarcimento
Risarcimento che era stato fissato in 37.250.509,46 euro, a tanto erano state quantificate le perdite a cui i 52 Comuni del Consorzio Canavese Ambiente erano sono chiamati a ripianare, maturate negli anni che vanno dal 2009 al 2013. Voragine economica quantificata al termine del lodo avviato dalla richiesta di arbitrato del 19 marzo 2013 del commissario di Asa, Stefano Ambrosini, l’azienda in amministrazione straordinaria, controllata al 100% dai Comuni. Ed era il 26 ottobre 2002 quando veniva costituito un consorzio unico, Asa appunto, con un fondo di partecipazione pari a 3.170.698,35 versato da: Comunità Montana Alto Canavesana (25%), Valla Sacra (11,7%) e Val Chiusella (5,9%), Valli Orco e Soana (9,3%), Bosconero (3,2%), Busano (1,5%), Ciconio (0.5%), Favria (5,9%), Feletto (3.3%), Lusiglié (0,7%), Oglianico (2,2%), Ozegna (1,7%), Rivarolo Canavese (22,9%), Rivarossa (1,6), Salassa (2,4), San Ponso (0,4%), Valperga (1,4%), Pertusio (0,2%), Bairo (0.2%) e Baldissero Canavese (0,2%). Va ricordato che Bairo e Baldissero Canavese sono stati esclusi dall’azione risarcitoria. Ed è da queste percentuali che si partirà per dividere il debito da ripianare secondo quanto deciderà la Corte d’Appello di Torino chiamata in causa dalla Cassazione con la sentenza pubblicata il 14 marzo 2024 a seguito della relazione svolta in camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal Consigliere Paolo Catallozzi.
Il ricorso del commissario Ambrosini
Azione, quella di fronte alla Corte romana, nata dalla presentazione del ricorso da parte del Commissario Ambrosini. Fin da subito il punto è stato «è un lodo contraddittorio e ha un’ampia oscillazione. Asa è partita affermando che fosse un consorzio di diritto privato, affermazione che abbiano contrastato perché a mio avviso ha natura pubblicista. Per poi, però, nelle motivazioni vedere citato il testo unico delle amministrazioni e il diritto civile. Ragionamento che ci lascia perplessi», dichiaravano gli avvocati dei Comuni. Dubbio accolto nei due gradi di giudizio precedenti ma non dalla Cassazione. Di fronte alla quale le parti si sono ritrovati per effetto del ricorso presentato dal Commissario Stefano Ambrosini a due minuti dalla scadenza dei termini. Per la precisione erano le 23.58 del 22 febbraio 2020 quando venne depositato (per via telematica) il ricorso (80 pagine fitte-fitte) avverso alla sentenza d’Appello. Quella che dava ragione ai 51 Comuni coinvolti nel dissesto della azienda multi servizi a compartecipazione pubblica e che li solleva da ogni responsabilità economica. Azione, comunque, che il commissario Stefano Ambrosini aveva preannunciato già il 28 novembre 2019 tenendo fede alla promessa - ricorreremo al terzo grado di giudizio - e a 120 secondi dal «gong», dall’ultimo istante utile per depositare il ricorso, lo ha fatto. Vincendo.
Il futuro
Ora, ci sarà da capire gli effetti che questa decisione arrivata dalla capitale avrà. I comuni interessati, per legge, hanno accantonato negli anni nei propri bilanci somme necessarie per andare incontro ad un’eventuale sentenza avversa – Rivarolo ad esempio da oltre un decennio ha 3,6 milioni bloccati da utilizzare in caso di ingiunzione di pagamento – ma potrebbero non bastare perché il “quantum”, di fatto non è chiaro. O perlomeno, se quella montagna di euro dovrà essere riversata nelle casse della “defunta” Asa (e così in quota gli altri 50 comuni) è tutto denaro che non potrà essere per la comunità: in ballo, restando sempre a Rivarolo, ci sono le scuole elementari Vallauri da finire e il sogno palazzetto dello sport da realizzare. Allo stesso tempo, però, c’è chi guarda il problema da un’altra angolazione. Con questa sentenza aziende, artigiani, fornitori che hanno lavorato per Asa e non sono stati pagati, potranno finalmente vedere le loro fatture onorate. Ma la domanda è: dell’ammontare totale della voragine Asa da ripianare, a quanto ammonta la percentuale per coloro che prestarono servizi all’azienda-consorzio senza ricevere nulla in cambio?