Fauna selvatica senza controllo, a rischio prati e boschi

«Scrivo semplicemente per stimolare e far prendere in considerazione l’argomento, valutando anche ogni presa di posizione a livello personale».

Fauna selvatica senza controllo, a rischio prati e boschi
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Fauna selvatica senza controllo, la denuncia di un nostro lettore che chiede alle istituzioni maggiore controllo.

Fauna selvatica senza controllo

Una lettera scritta non con la volontà di fare polemica, ma di provare ad intavolare, tra più parti, un discorso che porti a qualcosa di efficace. E’ quella che un lettore de «Il Canavese» ci ha spedito al fine di riportare l’attenzione sulla problematica del degrado di prati e boschi delle Valli Orco e Soana, dovuti alle «scorrerie» di animali autoctoni e non. Specie che, dopo il loro passaggio, finiscono per lasciare segni tangibili (e danni evidenti) alla natura circostante, quella della montagna.

Le premesse

«Scrivo semplicemente per stimolare e far prendere in considerazione l’argomento, valutando anche ogni presa di posizione a livello personale. Chiedo una riflessione dapprima a chi ha voluto reintrodurre animali come il cinghiale, che sta distruggendo prati ormai non più soltanto in alta montagna, ma anche vicino alle case. In seconda battuta a chi ora ne impedisce una politica di controllo demografico. Non meno dannoso risulta il numero considerevole di caprioli e cervi che devastano i sentieri con i loro zoccoli, e le piante mangiandone la corteccia, provocandone la morte. Così abbiamo boschi sempre meno sani e meno accessibili. Il lupo, ad esempio, pur trovandosi all'apice della catena alimentare, non si limita a fare selezione della fauna selvatica, preferisce dapprima le facili prede di allevamento».

La richiesta

La richiesta, in fondo, è semplice: maggiore attenzione da parte degli organi preposti. «Le istituzioni spesso si sono dimostrate indifferenti alle richieste di aiuto del cittadino, lamentando mancanza di fondi, ma spesso semplicemente per risparmiarsi grattacapi e dimenticando che dovrebbero essere un aiuto per il cittadino. In parte alcune aziende ed allevatori riescono almeno ad avere la possibilità di chiedere risarcimenti per i danni, anche se non sempre con esito positivo. Ma il privato? Quelle poche persone che mantengono i territori che vengono poi fruiti anche da “ecologisti” o “naturalisti”, come possono tutelarsi? Non è un discorso economico di rimborsi di denaro, ma di ottenere se possibile un aiuto, pure materiale, al fine di sistemare un prato distrutto da un branco di cinghiali o di un muro fatto crollare dai cervi. In fondo, è anche questo proteggere la natura, immedesimandosi in chi i territori li vive e lì rispetta e non prendendo decisioni “a tavolini” senza conoscere bene la realtà di cui si sta trattando».

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