Continua il periodo difficile per i lavorarori della Olisistem

Periodo difficile anche per questa realtà che coinvolge molti lavoratori del Canavese.

Continua il periodo difficile per i lavorarori della Olisistem
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Continua il periodo difficile per i lavorarori della Olisistem. Martedì scorso dipendenti in sciopero.

Continua il periodo difficile per i lavorarori della Olisistem

Un nuovo sciopero è stato osservato martedì 21 gennaio dai dipendenti Olisistem Start, che dà lavoro a un centinaio di canavesani. Dopo la querelle sulla proprietà del ramo di azienda da cedere e le proposte di affitto alternative che non sono mai state considerate, ieri, martedì, il presidio sotto il grattacielo Intesa Sanpaolo a Torino.  E’ proprio con la banca, infatti, che si giocava la partita più importante: un accordo con il committente avrebbe potuto salvaguardare la posizione di molti dei lavoratori dello stabilimento oggi a Settimo Torinese, fino a qualche anno fa a Rivarolo Canavese. Tanti gli appelli, succeduti in questi mesi, da istituzioni e perfino dalla Diocesi di Torino, che però non sono mai stati accolti dalla banca, lasciando i 300 dipendenti di strada Della Merla nella totale preoccupazione per il loro futuro.

Innovaay interessato ad uno dei rami d'azienda

Dopo mesi di trattative, l’annuncio dell’affidamento di uno dei rami d’azienda a Innovaway, con commesse di Intesa Sanpaolo. «Un’azienda che - spiegano i sindacati -, come primo atto, ha dichiarato di voler revocare parte della retribuzione a oltre 150 lavoratori, prevedendo anche una riduzione del proprio salario di circa 100 euro netti al mese su retribuzioni già tra le più basse del panorama lavorativo. Un’operazione che frutterebbe un guadagno per le casse di questa nuova azienda di circa 150 mila euro all’anno. Sulla pelle dei lavoratori».

Da tempo si ipotizzava lo "spezzatino"

Era nell’aria da tempo la possibilità di uno “spezzatino”, così avevano ribattezzato l’operazione i lavoratori della Olisistem, azienda sana ma coinvolta in uno scandalo giudiziario che ne ha compromesso la sua stessa stabilità. E’ su questo aspetto che dipendenti, istituzioni e sindacati hanno sempre posto l’accento, chiedendo a Intesa Sanpaolo un punto di accordo per salvaguardare i posti di lavoro. «In questo ultimo mese - spiega Vito Bianchino, rappresentante sindacale di Fim Cisl - abbiamo assistito all’avanzare dello “spezzatino”, da noi denunciato come pericoloso, ma voluto da Intesa Sanpaolo per riassegnare le proprie commesse. In assenza di clausola sociale nel settore metalmeccanico abbiamo cercato di dare le più ampie tutele ai lavoratori "costretti a dimettersi" per essere riassunti e continuare a lavorare sulle nuove società aggiudicatrici di alcune commesse della banca. Tra queste, alcune hanno evitato di confrontarsi con le organizzazioni sindacali, preferendo il confronto con i singoli lavoratori, oggettivamente parte più debole della situazione».

Un "appello" vero e proprio lanciato ad Intesa San Paolo

Con lo sciopero di martedì, lavoratori e sindacati hanno voluto rivolgersi direttamente a Intesa Sanpaolo, andando sotto il grattacielo, per «Impedire questo abuso sul personale che, da più anni, è impegnato con professionalità sui servizi alla banca». Obiettivo, infatti, sospendere l’assegnazione delle commesse a Innovaway finché non vi siano le condizioni per un cambio appalto con tutte le garanzie di mantenimento degli attuali diritti per i lavoratori.

La preoccupazione di 300 dipendenti

Sono preoccupati per il proprio futuro i 300 dipendenti, molti dei quali vivono un doppio dramma: sono diverse, infatti, le famiglie monoreddito impiegate nella sede di Settimo e che adesso temono di rimanere senza lavoro o con un reddito insufficiente. «Alcuni stanno cominciando a dimettersi - spiega Emanuela Di Vietro, rsu Fim Cisl di Olisistem -. Purtroppo la situazione non è rosea e le garanzie per il nostro futuro sono sempre meno. Secondo le nostre aziende, dovremmo tacere di fronte alla possibilità che verranno tolti 100 euro netti al mese per un totale di 1200 euro all’anno. Una cifra che rappresenta il 10 percento del nostro stipendio. Tra noi, ci sono persone che devono far fronte a spese mediche e che adesso avranno difficoltà a curarsi, altri che invece dovranno fare nuovi sacrifici».

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