Lions Club Rivarolo

Il primo meeting del neo presidente Sara Alice è green: le terre alte e i cambiamenti climatici

Ospite del Lions Club Rivarolo Secondo Barbero del dipartimento rischi ambientali di Arpa.

Il primo meeting del neo presidente Sara Alice è green: le terre alte e i cambiamenti climatici
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Il primo meeting del neo presidente Sara Alice è green: le terre alte e i cambiamenti climatici. Ospite del Lions Club Rivarolo Secondo Barbero del dipartimento rischi ambientali di Arpa

Il primo meeting del neo presidente Sara Alice

E’ stata all’insegna della stretta, strettissima attualità la prima uscita pubblica del neo presidente del Lions club Rivarolo Canavese Occidentale, Sara Alice. Emozionata come in ogni «esordio», Sara Alice apre il meeting ai «3K» di Rivarolo, un ritorno all’antico dopo le ultime uscite a San Martino Canavese, presentando l’ospite della serata, l’ingegnere (e amico), il canavesano Secondo Barbero, direttore del dipartimento rischi naturali e ambientali dell’Arpa Piemonte, nonché volto delle previsioni meteo del Tg3.

La conferenza

«Le terre alte e i cambiamenti climatici: gli impatti sulla risorsa idrica e sull’instabilità glaciale», questo il titolo della conferenza con cui ha calamitato a sé l’attenzione dei soci (e ospiti) Lions. Una «fotografia» sul presente climatico, declinato anche sul territorio canavesano, con numeri e grafici che hanno sottolineato quanto la situazione sia grave e irreversibile: raggiungere gli obiettivi dei vari protocolli mondiali (da Kyoto a Parigi) consentirebbe a cristallizzare la situazione di oggi (di per sé già compromessa) non di migliorarla; questo per dire quanto l’attività antropica dell’uomo stia condizionando il clima e la natura. Che va da sé, ha spiegato Barbero, ha inevitabilmente ripercussioni anche dal punto di vista sociale ed economico.

Uno scenario terribile

L’acqua, ovviamente, in questo scenario resta il tema centrale: la siccità di cui siamo stati testimoni nell’estate che ci siamo appena lasciati alle spalle e nuovi rischi in montagna, vedi ghiacciai che si staccano e la distruzione (e morte) che portano con sé sono sotto gli occhi di tutti. Ormai i dati parlano chiaro, non sono ipotesi: è l’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera che sta condizionando (in negativo) la temperatura. E molti dei cambiamenti che sono in atto non trovano riscontro nei due millenni precedenti ed è per questo motivo che il riscaldamento globale viene definito dagli esperti “virtualmente certo”, ovvero scenario che ha il 99% delle probabilità che si avveri. Il tasso di riscaldamento globale è superiore a quello registrato negli ultimi 1300 anni, in particolare in Europa, Nord America e nell’Artico.

Correre ai ripari

«Sostanzialmente si tratta di un cambiamento che fino ad oggi l’umanità non hai mai affrontato» ha sottolineato Barbero. Ma allo stesso tempo, però, ci sono delle azioni che si possono fare, incidendo sulle cause di tutto questo: ridurre i gas serra, trattenere la Co2 e quindi lo stoccaggio di carbonio in natura. Tradotto: aumentare la resilienza del sistema economico-sociale e naturale con la mitigazione di politiche di livello Mondo attraverso gli accordi internazionali includendo anche l’aspetto degli scenari futuri.

La situazione in Piemonte

E il nostro Piemonte come sta? In particolare le Terre Alte? Purtroppo non stanno bene perché morfologicamente sono le più vulnerabili e, in Piemonte, i dati (negativi) registrati sono più alti della media nazionale. Ad esempio le temperature massime hanno subito dei rimbalzi di un +2,5°c dal 1958 ad oggi e di +1,8°c in quelle minime che ha fatto alzare la guardia sui 108 ghiacciai presenti in Italia, tra cui il tristemente noto Marmolada che a luglio ha provocato la morte di 11 persone. E le riserve di ghiaccio perenni in montagna sono un indicatore chiave del rapido cambiamento del clima globale, essendo un importante approvvigionamento idrico in quanto modulano il ciclo dell’acqua per l’agricoltura, produzione di energia elettrica e turismo. E che sia stata un’estate asciutta lo abbiamo vissuto in prima persona tutti e a confermarlo sono i numeri: 111 giorni consecutivi senza precipitazioni significative, ovvero più di 5 millimetri di acqua al suolo; peggio solo nel 1990 con 137 giorni. Il che, tornando all’attualità, equivale a -4% di pioggia media degli ultimi 30 anni e lo scorso inverno si è toccato il 14% in meno negli ultimi 60 anni; confermato anche il fatto che ottobre e maggio sono i mesi più “piovosi”. Ora. Se il mondo rispetta l’obiettivo della riduzione delle emissioni entro il 2030 lo scenario si “ferma” con le temperatura più alte di 1,5°c e un meno 25% di neve in montagna (l’anno scorso l’unica precipitazione è stata quella dell’8 dicembre) in cui si può ancora (sopra)vivere, altrimenti…

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