Onorificenza

Medaglia d’Onore per otto castellamontesi

La consegna lo scorso venerdì 26 gennaio 2024 a Torino

Medaglia d’Onore per otto castellamontesi
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Medaglia d’Onore per otto castellamontesi, la consegna lo scorso venerdì 26 gennaio 2024 a Torino.

Medaglia d’Onore Per otto castellamontesi

Venerdì 26 gennaio scorso, in concomitanza con la celebrazione della Giornata della Memoria, Campo Canavese, frazione di Castellamonte, ha vissuto una giornata davvero speciale: a Torino nella Sala Rossa di Palazzo Civico, otto suoi cittadini sono stati insigniti di Medaglia d’Onore conferita con decreto del Presidente della Repubblica in base alla Legge 296 del 2006 che all’articolo 1 – commi 1271-1276 riconosce la concessione dell’onorificenza ai cittadini italiani (militari e civili) che nell’ultimo conflitto mondiale sono stati deportati e internati in campi di detenzione tedeschi. Se il beneficiario è deceduto, la medaglia è concessa alla memoria, al familiare più diretto.
Ad accompagnare il gruppo di Campo era presente il Sindaco di Castellamonte, dottor Pasquale Mazza.

Le medaglie

La figlia Silvia ha ritirato la medaglia per il padre Antonio Beardo, la figlia Daniela per il padre Giacomo Bozzello, il figlio Giovanni per il padre Lorenzo Frasca Pozzo, la figlia Norma per il padre Lorenzo Goglio, il nipote Fulvio per lo zio Lorenzo Maddio Rocco, il figlio Luciano per il padre Isidoro Nabot, la nipote Domenica Nellani per lo zio Giacomo Troglia.
Giovanni Frasca Pozzo, classe 1923, con l’orgoglio Alpino dello zaino di un secolo di vita sulle spalle, ha ricevuto personalmente la medaglia dal Signor Prefetto, con l’onore di sentirsi ancora insieme a tutti gli altri suoi commilitoni e amici Alpini o Artiglieri Alpini.
A Vittorio Ardissone, morto nel naufragio della nave che trasportava prigionieri italiani dall’ isola di Rodi verso la Grecia, la medaglia sarà consegnata alla nipote Vittoria all’Ambasciata di Londra dove vive per lavoro.
La richiesta era stata avanzata anche dai figli di Attilio Vernetti e di Francesco Cavalla, nativi di Villa Castelnuovo e facenti parte anch’essi del 4° Reggimento Alpini del Battaglione Ivrea; Claudia Vernetti ha ritirato la medaglia ad Aosta, mentre Pierfranco Cavalla la potrà ritirare a Torino con il secondo gruppo di premiati, a giugno prossimo.
Le date per la consegna sono infatti quella della Giornata della Memoria il 27 gennaio e quella del 2 giugno, Festa della Repubblica. Nelle stesse date sono organizzate cerimonie presso le Prefetture regionali di competenza; il 27 gennaio è prevista una cerimonia nazionale al Quirinale, dove il centenario alpino Giovanni avrebbe potuto ricevere la medaglia dalle mani dal Presidente della Repubblica.

Come presentare domanda

Scorrendo in rete le notizie relative agli I.M.I. si trovano i riferimenti e i moduli per ottenere questa onorificenza. Figli e nipoti degli internati possono presentare la domanda, corredata dalla documentazione richiesta, a Roma alla Commissione appositamente istituita per la necessaria valutazione. Seguirà in caso favorevole, il decreto ufficiale del Presidente della Repubblica e la comunicazione alla Prefettura di appartenenza che provvederà ad inviare ad ogni interessato l’invito per la cerimonia di consegna.

La storia

Questo il percorso seguito dalle figlie di due insigniti: Daniela Bozzello e Luciana Frasca Pozzo che così commentano: “Nel 2018, nella ricorrenza del centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, avevamo voluto onorare i nostri compaesani chiamati alle armi e in particolare i nostri 14 Caduti, andando alla ricerca delle loro storie personali. Fin da allora avevamo maturato l’idea di completare la nostra indagine estendendola anche ai militari della Seconda, sentendoci molto coinvolte per essere entrambe figlie di due Reduci e motivate dal fatto di far conoscere la storia degli I.M.I. Così, appena possibile dopo la chiusura imposta dall’epidemia covid, sono ripresi i nostri appuntamenti presso l’Archivio storico militare di Torino alla ricerca dei Fogli matricolari dei chiamati alle armi per la guerra 1940 / 1945, circa quaranta limitatamente a Campo Canavese e da qui partiti per la leva.
La meticolosa consultazione in sede e la scrupolosa lettura di ogni Foglio matricolare hanno evidenziato che 11 di loro erano stati fatti prigionieri dai Tedeschi e internati in campi di detenzione, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943: condizione imprescindibile per ottenere la concessione della Medaglia d’Onore”.
L’8 settembre 1943 il nostro esercito era sbandato e senza comandi, completamente nel caos!
I Tedeschi emanarono immediatamente le direttive da applicare per il disarmo dei militari italiani, considerati traditori: chi accettava di combattere dalla loro parte poteva conservare le armi; chi non lo faceva era mandato nei campi di internamento come prigioniero di guerra, mentre chi opponeva resistenza o si schierava con le forze partigiane locali veniva fucilato se era un ufficiale o impiegato nei campi di lavoro sul posto, oppure ovunque nell’Europa occupata.
La maggior parte dei militari si rifiuterà di collaborare, nonostante le insistenti pressioni e le promesse di immediato rimpatrio e, per la prima volta con una scelta volontaria, risponderà: NO!
In un primo tempo prigionieri di guerra, i militari italiani catturati, deportati e internati in campi di detenzione, già il 20 settembre 1943 vengono definiti I.M.I.- internati militari italiani (Italienische militarinternierte), con un provvedimento arbitrario di Hitler che li sottrae così alle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra del 1929, per destinarli come forza lavoro per l’economia del Terzo Reich. Sempre per ordine del Fuhrer, d’accordo con Mussolini, gli I.M.I. il 12 agosto 1944 cambieranno nuovamente di status e saranno dichiarati “lavoratori civili”, formalmente liberi.
Nell’Italia del primo dopoguerra la loro storia è presto dimenticata, l’oblio durerà a lungo; gli storici hanno cominciato ad occuparsene solo dalla metà degli Anni Ottanta, appena in tempo per raccogliere ancora testimonianze dirette dei tanti che con sacrificio hanno dato il loro contributo a riportare la libertà e la democrazia nel nostro Paese.

Le parole dell’Alpino Giovanni Frasca Pozzo

L’Alpino Giovanni Frasca Pozzo ha concluso il suo messaggio di saluto e ringraziamento con queste parole: “Sento forte il dovere di trasmettere la memoria delle nostre storie per lasciarla in eredità ai giovani, vorrei che potessero capire quello che abbiamo vissuto noi ottant’anni fa conoscendo l’orrore della guerra. Io non posso e non voglio rassegnarmi all’idea che le tragedie del mio secolo saranno dimenticate!”.

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