Satira oggi non sappiamo più ridere?

Emblematico il caso al Tribunale di Ivrea sul tweet di un comico eporediese rivolto all'allora deputata Giorgia Meloni

Satira oggi non sappiamo più ridere?
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Satira oggi non sappiamo più ridere? La generale sfiducia nella libertà di manifestazione del pensiero, rischia di condannare il fenomeno satirico all'irrilevanza.

 La satira oggi

Che cosa sia la satira e di quali limiti essa sia circondata dipende dalla "cultura del sorriso" di una data società in un certo momento storico. Se è vero che, rispetto a quando nasceva l'Italia repubblicana, lo spazio del "satiricamente lecito" è oggi assai più ampio, è altrettanto vero che tale spazio è progressivamente sottoposto a scosse telluriche che sembrano anticipare una involuzione. La tendenza di tutti noi a bollare come "non satirico" ciò che consideriamo moralmente riprovevole è sempre più diffusa anche nelle élite intellettuali, tanto da aver influenzato i canoni sulla base dei quali i magistrati giudicano di denunce o querele per diffamazione a mezzo stampa. Questa tendenza culturale, alimentata da una generale sfiducia nella libertà di manifestazione del pensiero, rischia di condannare il fenomeno satirico all'irrilevanza. La satira si fonda, infatti, per sua natura, su una rappresentazione che deforma la realtà ed è volta a esaltare aspetti paradossali del nostro vivere comune al punto da produrre straniamento nel pubblico, il tutto attraverso un linguaggio volutamente corrosivo. Se questa è la chiave di lettura attraverso cui inquadrare la satira, il suo potenziale offensivo appare elevato e difficilmente arginabile.

Cronaca e critica: i limiti

Eppure, una non marginale giurisprudenza italiana degli ultimi anni, anziché mettere a sistema gli aspetti peculiari del fenomeno satirico, ha cercato di ricondurlo entro i limiti di altre forme espressive, come la cronaca e la critica, che sono però da essa strutturalmente diverse. Cronaca e critica costituiscono, infatti, forme di esercizio razionale della libertà di informazione, tradizionalmente soggette al limite della verità della notizia, della continenza nella sua esposizione e della pertinenza, ossia del pubblico interesse alla sua divulgazione. Ma può la satira essere astretta entro confini così angusti? Ogni vignetta, spettacolo, caricatura o meme giocano volutamente con la linea sottile che separa il vero dal falso perché l’obiettivo che si prefiggono è solo marginalmente informativo, mentre assai più importante è lo sfruttamento di fatti (anche presunti tali) per comunicare messaggi ulteriori, dall’esposizione al pubblico ludibrio delle contraddizioni dei personaggi pubblici alla fustigazione di costumi o posture di individui e gruppi. Altrettanto difficile è immaginare che la satira possa essere “continente”, ossia misurata ed equilibrata, quando è proprio attraverso stilettate dissacranti e oltraggiose che essa raggiunge il proprio bersaglio; infine, la pretesa di assoggettare il fenomeno satirico al requisito dell’interesse pubblico finisce per prestarsi a un’operazione snobistica tale per cui la satira sarebbe tale soltanto qualora investisse questioni “alte”, come se le vicende scandalistiche non potessero stimolare anch’esse un dibattito pubblico gravido di implicazioni di carattere sociale.

Le Cantonate
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Ivrea, il consigliere De Stefano di Azione Italia-Viva e il capogruppo del centro-destra Andrea Cantoni

Vignetta - Con Malpede (2)
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La giunta eporediese del sindaco Matteo Chiantore alla conquista dell'antica Eporedia con l'acquisizione dell'anfiteatro romano

vignetta 1
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Le promesse del consigliere De Stefano...

vignetta 3
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al presidente del Consiglio comunale, richiamato sui tempi di intervento

Vignetta Stalin - Uncle Sam - bc def 01
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Quanto in Consiglio comunale si parla di libertà tra l'assessore al bilancio, Fabrizio Dulla...

Vignetta Stalin - Uncle Sam - bc def 02
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... e il capogruppo del centro-destra Andrea Cantoni

Lo spirito dei tempi

Ma come mai la satira è soggetta a una generale riconsiderazione del suo contenuto e, quindi, anche dei suoi limiti? La risposta sta nello “spirito dei tempi”. In un contesto nel quale, per dirla con Nikolaj Gogol, “ogni privato cittadino ritiene che, con la sua persona, venga offesa tutta la società”, l’aggressività di cui si nutre la satira non può più essere facilmente tollerata. In misura crescente, infatti, il linguaggio è assimilato all’azione. Le parole, come gli atti, feriscono, producono violenza, ghettizzano, avvelenano. Se così è, allora, anche una battuta, una vignetta, una caricatura di un individuo sono in grado di legittimare e avallare soprusi di un gruppo, magari di categorie protette o di minoranze e vanno quindi cancellati (dai palinsesti o dai social) e i loro autori puniti e ostracizzati al pari di chi materialmente ferisce, uccide, discrimina. In questo presupposto teorico-culturale anestetizzante sta, insomma, il fermento giurisprudenziale volto a mettere la mordacchia alla satira. Di qui l’enfasi sempre più marcata su valori quali dignità umana e uguaglianza quali vincoli cui nessun fenomeno espressivo, nemmeno quello satirico, potrebbe mai sottrarsi. Non è un caso che ogni tentativo di etichettare come “non satirica” una certa creazione, quale che sia il suo vero contenuto, è ormai accompagnata da una costante denuncia di incitamento all’odio nei confronti di un qualche gruppo. Se la satira riguarda una donna, si troverà una buona ragione per accusare l’autore di sessismo; così è avvenuto, ad esempio, qualche mese fa per le vignette del fumettista Natangelo riguardanti la sorella della Presidente del Consiglio in carica. Se la satira concerne anziani o bambini, non sarà difficile gridare all’ageismo; si pensi al caso pendente davanti al Tribunale di Ivrea che ha ad oggetto una battuta di pessimo gusto (e allora?) indirizzata da un cittadino canavesano all’allora deputata Giorgia Meloni e alla figlia minorenne. Come dimostrano gli esempi qui riportati, l’atteggiamento in questione non è patrimonio intellettuale dei progressisti, dai quali pure è stato ereditato il teorema per cui parola e azione sostanzialmente si equivalgono, ma è ormai moneta corrente anche nella destra politica.

Il “buffone non buffo”

Nel momento in cui sembrano maturi i tempi per un inabissamento della satira, chi ne ha a cuore i fondamenti e non ne disconosce gli effetti benefici è chiamato a raddoppiare gli sforzi perché la sua funzione sia adeguatamente compresa e non finisca per essere snaturata. Perché allora ridere (anche) di donne, ebrei, omosessuali o catastrofi naturali? E come reagire se il riso, invece, ci infastidisce? Come ha osservato di recente un grande comico contemporaneo, il britannico Ricky Gervais, “la satira serve a questo. A ridere delle cose brutte per superarle”, ad annullare attraverso il riso il potenziale offensivo di qualunque esternazione di odio. In questo quadro, le uniche reazioni legittime davanti a un possibile “buffone non buffo” (Woody Allen, 1972) sono quelle del “tribunale dell’opinione pubblica” che può smettere di frequentare gli spettacoli di un certo artista o, ancor meglio, le reazioni di altri artisti che utilizzeranno la satira per mettere a loro volta alla berlina chi è accusato di aver impropriamente usato lo strumento satirico (si pensi agli sberleffi al duo Pio & Amedeo). La pretesa di portare la satira nelle aule di giustizia non promette, invece, nulla di buono ed è degna di alimentare soltanto nuova satira sui giudici e sui limiti artificiosi che di volta in volta essi si inventano.

Giovanni Boggero

Giovanni Boggero Giovanni Boggero, 36 anni, è professore di diritto costituzionale all'Università degli Studi di Torino. Ha ricevuto un «European PhD» (Doctor Europaeus) in diritto pubblico dall’Università del Piemonte Orientale «Amedeo Avogadro». È stato DAAD-Postdoctoral Research Fellow al Max Planck Institute for International and Comparative Public Law di Heidelberg (2015-2016) e Fellow del Collegio Carlo Alberto di Torino (2017-2018). I suoi interessi di ricerca spaziano dalle autonomie locali e regionali, al rapporto tra ordinamento interno e internazionale fino alla garanzia della libertà di espressione. Ha pubblicato una monografia sui principi costituzionali comuni europei dell’autonomia locale (Constitutional Principles of Local Self-Government in Europe, Brill, Leiden, 2018). Ha inoltre pubblicato il saggio «La satira come libertà ad “autonomia ridotta” nello Stato costituzionale dei doveri». Ha contribuito e contribuisce occasionalmente come editorialista su temi di carattere giuridico ed economico legati alla Germania per Aspenia e Il Foglio.

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