Cannabis Libera intervista al presidente dell'associazione Canapese

Spiega come è nata l'associazione, ma soprattutto si sofferma sul Manifesto diventato una proposta di legge.

Cannabis Libera intervista al presidente dell'associazione Canapese
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Cannabis Libera intervista al presidente dell'associazione Canapese, Marco Maffione,   32 anni

Cannabis Libera

Nell'intervista il presidente dell'associazione Canapese, Marco Maffione,   spiega come è nata l'associazione, ma soprattutto si sofferma sul Manifesto per la Cannabis Libera, diventato una proposta di legge.

Cos’è Canapese?

«E’ un’associazione culturale, antiproibizionista e apartitica, costituita formalmente a inizio 2016 a Ivrea. Le mie esperienze di vita e la mia curiosità mi hanno portato a una conoscenza sempre maggiore di questa pianta straordinaria, studiandone la storia, cultura e proprietà. L'associazione  è stata fondata per un vuoto e una necessità: informare e promuovere la cultura della cannabis. Perché, nonostante la propaganda proibizionista, allarmi con fantomatici "buchi nel cervello", i fiori che dona questa pianta straordinaria fanno bene alla salute, non contenendo alcuna sostanza neurotossica (al contrario ad esempio, di alcol e tabacco facilmente acquistabili e socialmente accettati). Grazie all'interazione che avviene col nostro sistema endocannabinoide e per il positivo impatto sociale che avrebbe un sua regolamentazione, un consumo consapevole può avvenire solo grazie alla cultura e al riconoscimento dei diritti correlati».

Qual è il progetto dell’associazione?

«L’associazione Canapese segue e desidera far conoscere la filosofia dei Cannabis Social Club, modello regolamentato non commerciale e riservato esclusivamente ai soli consumatori adulti (presente in alcuni Stati come Spagna, Uruguay e Usa) di coltivazione collettiva della cannabis (ad alto contenuto di Cbd nel nostro caso specifico) con lo spirito di fare vera informazione sulla cannabis così bistrattata e di coinvolgere le persone al fine di realizzare un progetto di filiera corta. Per un paio d'anni è stata una bellissima avventura anche se faticosa da conciliare coi vari impegni lavorativi (tra i motivi per i quali ad oggi è sospeso il progetto Cannabis Social Club): si sono recuperati campi sfitti e condiviso i prodotti delle coltivazioni con i tanti soci sostenitori che hanno e continuano a sostenere il fine ultimo dell'associazione, ossia proporre soluzioni concrete alla situazione attuale, sintetizzando quest'intenzione nel Manifesto per la Cannabis Libera al quale tengo moltissimo essendo un lavoro di squadra realizzato da appassionati del settore. Da un anno a questa parte tutto l'impegno e gli sforzi del gruppo si concentrano lì».

Quali ostacoli o difficoltà avete però riscontrato?

«Il maggior ostacolo, oltre ai pregiudizi inevitabili dopo 80 anni di proibizionismo ancora in corso, ma comunque scardinabili, è stato forse dribblare l'avidità di chi nel cosiddetto "oro verde" ha visto esclusivamente una fonte di guadagno, senza essere a conoscenza dei vuoti legislativi successivi anche alla legge 242/2016 che si intrecciano con una legge del 1990 il DPR 309/90 sugli stupefacenti assolutamente da revisionare in seguito alle evidenze scientifiche che ne hanno certificato le virtù. Perché la cannabis racchiude in sé una cultura e uno stile di vita sostenibile, non conciliabile con il mero business avventato. Con le istituzioni mai avuto alcun tipo di problematica, si è sempre dialogato per facilitare il lavoro di entrambi, come dovrebbe sempre avvenire di prassi. Credo sia presente in alcuni un "senso di vergogna" per la condizione di criminalizzazione del consumatore tuttora presente, che verrà estinta solamente parlandone e affrontando la tematica, com'è fra gli intenti principali del Manifesto per la Cannabis Libera. Il Governo deve prendere atto che le politiche attuali siano un fallimento e che continuino a favorire le mafie. L’antiproibizionismo e la regolamentazione forniscono invece soluzioni al degrado che vediamo nei luoghi di spaccio delle nostre città, coi cittadini che richiedono più sicurezza. Attraverso il Manifesto per la Cannabis libera abbiamo raggiunto quasi 30.000 sottoscrizioni in pochi mesi, un impegno straordinario che proviene direttamente dalla società civile, fra singoli cittadini, associazioni e aziende del settore».

Come è andato l’incontro con il Governo?

«L’incontro con le istituzioni al Ministero di Grazia e Giustizia lo scorso lunedì 17 giugno insieme all’associazione FreeWeed e all'attivista Valentina Varisco potrebbe rappresentare l’opportunità di porre le prime solide basi verso lo sviluppo di un nuovo processo socio-culturale e politico improntato verso la liberalizzazione della cannabis. Abbiamo presentato il Manifesto per la Cannabis Libera, parallelamente a una nuova analisi costi e benefici della Liberalizzazione della Cannabis. Il confronto col sottosegretario Ferraresi e il senatore Mantero riporta al centro del dibattito politico la società civile, troppo spesso oscurata dai suoi intermediari, ma non dona certezze sulla discussione parlamentare dell’iniziativa, né della sua approvazione».

I costi e i benefici:

«I costi potrebbero scaturire dall'introduzione di una regolamentazione totale della cannabis, consentendo coltivazione, consumo e possesso ad uso personale e creando un efficiente mercato libero, sono sullo sviluppo della regolamentazione del nuovo mercato legale, partendo da un controllo sul rispetto della legislazione fino ad una sensibilizzazione ed informazione dei consumatori. Ricerche, basate sui primi dati dello Stato del Colorado, che nel gennaio 2014 ne ha autorizzato la produzione, il consumo e la vendita dei derivati. Molti suppongono, erroneamente, che ci possano essere ricadute indirette su altri servizi nazionali, sanitario, o eventuali incidenze su altri reati o un aumento del consumo, ma, prendendo sempre come esempio il Colorado, si evince che il consumo fra adolescenti sia diminuito eliminando il "fascino del proibito". I benefici riguardano innanzitutto non esporre il consumatore alla criminalità organizzata grazie all'autoproduzione. Poi c’è il risparmio derivante dai fondi ora destinati alla repressione e nei costi dei processi da rinvestire in sicurezza. Poi togliere fette di mercato dalle mani delle narcomafie contrastandole efficacemente. La tassazione è stimata in quai 1 miliardo di euro. Ci sarebbe la nascita potenziale di circa 25.000 posti di lavoro. La migliore qualità del prodotto. Infine, si calcola un maggiore sviluppo nella ricerca medica e sociale».

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