PARLA L'AVVOCATO

Mazzette ai vigili, reato prescritto: i "cìvich" ne escono puliti

Cedevano le radio di servizio ad alcuni operatori del soccorso stradale in cambio di soldi: non sono più perseguibili.

Mazzette ai vigili, reato prescritto: i "cìvich" ne escono puliti
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Mazzette ai vigili, clamoroso sviluppo: il reato è prescritto (estinto) e i "cìvich" non dovranno più rispondere di alcunché.

Gli imputati se la cavano

La Giustizia, nei loro confronti, ha compiuto il suo corso: il reato è stato commesso dieci anni fa e il capo di imputazione è cambiato nel corso del tempo (da peculato pieno a peculato d'uso). Così gli imputati, come riportano i colleghi di Prima Torino, grazie alle lungaggini dei processi penali in Italia, se la sono cavata. Il Pubblico ministero Alessandro Sutera aveva concluso le indagini nel 2010 e chiesto il rinvio a giudizio per sette agenti della Polizia Municipale; gli indagati erano in tutto 23. Passano i mesi, si susseguono le udienze, passano alcuni anni e si addiviene al giudizio di primo grado; poi il ricorso in Appello e passa altro tempo. Quindi il cambio di imputazione da peculato pieno a peculato d'uso, che ha causato altro ritardo. Cosa vuol dire: i vigili non hanno ceduto le radioline "Tetra" (cfr. più sotto) ma le hanno solamente prestate, salvo poi farsele rendere per usarle normalmente in servizio.

Molto soddisfatto l'avvocato difensore Roberto De Sensi che tutelava uno degli imputati:

"E' una buona notizia per la difesa, abbiamo lavorato bene. La Corte d'Appello di Torino Prima Sezione ha deciso che i vigili non vanno perseguiti per sopraggiunto termine di prescrizione. I reati sono prescritti e, dunque, non più punibili. A meno che la Procura non decida di ricorrere in Cassazione, il che lo ritengo poco probabile, questa vicenda finisce qui".

I vigili "corrotti" (d'obbligo usare le virgolette in questo caso) ne escono quindi puliti a tutti gli effetti. Fra l'altro, anche nell'ipotesi di un ricorso in Cassazione, potrebbe non bastare il tempo perché il Tribunale dovrebbe procedere e addivenire a sentenza entro dicembre di quest'anno.

Accuse molto pesanti

Le accuse sono pesanti seppur suddivise a vario titolo con altri: corruzione e peculato (poi diventato peculato d'uso come si diceva). Cosa accadeva: gli agenti cedevano alcune ricetrasmittenti "in affitto" dietro pagamento in contanti di una specie di cànone agli operatori del settore strade (intervento su incidenti, carri attrezzi e carri-gru). In questo modo, chi aveva le radioline settate sul giusto canale, poteva ascoltare in diretta le comunicazioni sui sinistri appena avvenuti e fiondarsi sul posto arrivando per primo. Ciò significa, a parte la legalità del lavoro poi svolto (soccorsi e trasporto mezzi incidentati) parecchie migliaia di euro guadagnati a discapito della normale concorrenza di mercato. Le autofficine e i soccorritori che non avevano le radioline, infatti, restavano quasi sempre a bocca asciutta e il grosso dei guadagni andava nelle tasche dei furbetti in combutta con i vigili. I quali, da parte loro, intascavano somme dai 250 ai 500 euro al mese cadauno. Non male...

Questo sempre secondo l'accusa, sia chiaro: il dibattimento ha stabilito una verità processuale addivenendo a sentenza (in primo grado). Ma lo sviluppo di questi ultimi giorni ribalta un po' tutto: i vigili imputati escono puliti da questa vicenda, ed è il caso di ribadirlo chiaramente ancora una volta. Sia come sia, la pratica di favorire alcuni rispetto ad altri solo perché quelli pagavano una specie di "pizzo" fa storcere il naso a molti. Soprattutto per le critiche che spesso vengono rivolte nei confronti della categoria.

Le radioline criptate

Altri elementi utili a chiarire ed approfondire. Le radio delle Forze dell'Ordine di ultima generazione Tetra sono digitali e non analogiche, il che significa che non basta avere le frequenze (teoricamente segrete) per ascoltarne le comunicazioni; bisogna avere una password per captare il segnale e poi un dispositivo per riprodurlo. I sette vigili arrestati erano anche finiti ai domiciliari. Nonostante il numero degli indagati (23 in tutto), la concomitanza dei reati e la contiguità fra gli imputati il Pm non aveva chiesto di rubricare anche l'ipotesi di associazione a delinquere, che avrebbe aumentato di molto le pene. In sostanza, secondo la pubblica accusa, ognuno di questi faceva da solo all'insaputa di tutti gli altri. I sedici soggetti non appartenenti al Corpo di Polizia Municipale sono tutti autisti, dipendenti o titolari di società che gestiscono il pronto intervento stradale.

Questo dunque al momento il punto della situazione sulla vicenda delle mazzette ai vigili di Torino: il reato è prescritto.

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