l'intervista

«Non è stata una rissa, ma una aggressione», il racconto del pestaggio del 2 gennaio a Pratiglione

Ancora molte zona d’ombra su quanto è successo a Pratiglione nell’area picnic Carella dove è stato ferito un 24enne

«Non è stata una rissa, ma una aggressione», il racconto del pestaggio del 2 gennaio a Pratiglione
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«Non è stata una rissa, ma una aggressione», il racconto del pestaggio del 2 gennaio a Pratiglione. Ancora molte zona d’ombra su quanto è successo a Pratiglione nell’area picnic Carella dove è stato ferito un 24enne: «Sono arrivati con diverse auto, un uomo sui 55 anni si è presentato come vice sindaco, un ragazzo aveva una pistola».

«Non è stata una rissa, ma una aggressione»

«Accetto di parlare con lei - dopo tutto quello che ho letto in giro - per fare chiarezza: ma solo se partiamo da un punto bene preciso». Quale? «Non è stata una rissa tra coscritti ma un’aggressione violenta in piena regola». A parlare è una fonte molto vicina alla famiglia del giovane di 24 anni  che lo scorso 2 gennaio è stato selvaggiamente picchiato da un «branco» di ragazzi (per lo più minorenni) che chiede l’anonimato perché «come potrà immaginare non stiamo vivendo un bel periodo e non ci sentiamo al sicuro e temiamo qualche ritorsione».

2 gennaio 2024

L’episodio al centro del discorso è quello avvenuto nell’area picnic della Carella a Pratiglione il 2 gennaio 2024. Un «raid» che fino a questa nuova versione che ci racconta questa fonte vicina alla famiglia della vittima è sempre stato descritto come uno scontro tra coscritti (Forno contro Favria). E invece sembrerebbe che non abbia nulla a che vedere la tradizionale festa dei nei diciottenni con quanto è accaduto, secondo la versione di chi quella notte ha avuto la peggio ed è stato trasportato al pronto soccorso di Ivrea per essere curato dalle percosse ricevute con nove punti di sutura in testa e varie ecchimosi in diverse zone del corpo.

L'intervista

Perché la sera del 2 gennaio Marco (nome di fantasia) era in quell’area?
«Era lì con suo cugino di 21 anni, malmenato pure lui, ed altri conoscenti, tra i quali tre ragazzi di Forno che casualmente indossavano la felpa dei coscritti. Ed è arrivato con un amico che aveva dato ad entrambi un passaggio con l’auto. Erano saliti in frazione Carella semplicemente perché a Prascorsano non c’è nulla, per fare quattro chiacchierare e non disturbare nessuno visto che non è una zona abitata come sarebbe potuto capitare, invece, se fossero stati in paese».

Dunque, nessun «appuntamento» per un regolamento di conti per uno striscione (dei coscritti) rubato e bruciato la sera precedente?
«Macchè! Tenga presente che Marco il capodanno l’ha trascorso a Chamonoix ed è tornato a casa a festa dei coscritti conclusa e la sera in cui sarebbe successo quanto lei mi sta chiedendo non era proprio in Canavese. Ma le ripeto, il 2 gennaio la festa dei coscritti, comunque, era terminata».

E ad un certo punto la sera del 2 gennaio che succede?
«Erano lì a chiacchierare, bere una birra tranquilli e sereni. Quando all’improvviso arrivano (alla Carella, ndr) tante macchine. Parcheggiano nei pressi del gruppo di ragazzi di Forno dove c’era anche Marco e suo cugino. Scendono dalle auto: molti di quei ragazzi hanno una felpa blu. Tra loro c’è un uomo che avrà avuto 54-55 anni e si presenta dicendo di essere il vice sindaco di un paese vicino, non precisando quale, e guardando proprio Marco e suo cugino gli chiede: “Cosa è successo ieri sera (il 1 gennaio, ndr) a Favria? Veniamo in pace: vogliamo sola capire cosa è capitato”. Nel mentre il presunto vice sindaco di mezza età parla, Marco si gira e vede un ragazzo con una pistola: la carica e gliela punta ad altezza viso».

E quale è stata la reazione?
«Che “c...o” fai con quella pistola?” è stata la reazione verbale di Marco a cui si avvicina un altro ragazzo che gli risponde: “Tu cosa vuoi” e lo colpisce con un pugno dritto in faccia. Ed è iniziata l’aggressione anche da parte del resto del branco contro il nostro Marco. Che ha tentato di difendersi, ovviamente, così come il cugino. Ma sono arrivati da dietro da ogni angolo e non sono riusciti a riconoscerli. In testa aveva tagli procurati con un corpo contundente, di ferro, non erano ferite provocate da calci o pugni: probabilmente sono stati dei colpi inferti con il calcio della pistola. Aveva lacerazioni nel cuoio capelluto in tre punti diversi: in totale sono nove i punti di sutura. Una volta caduto a terra hanno continuato con calci e pugni».

Nessuno è intervenuto a sedare gli animi?
«Il cugino ha provato a dargli un aiuto... Si è poi rialzato da terra, tutto sanguinante, con la faccia che grondava, e il ragazzino con la pistola gli ha detto: “Vattene altrimenti te ne diamo ancora”; mentre al cugino arrivava ancora una sprangata sulla schiena. Sono stati momenti concitati e violenti, tant’è che i due ragazzi non si ricordano bene l’esatta dinamica dei fatti. Marco perdeva molto sangue. Nessuno ha chiamato un’ambulanza. L’ha portato all’ospedale di Ivrea un amico in macchina».

Avete presentato denuncia?
«Certamente. Abbiamo presentato denuncia contro ignoti perché quell’uomo di mezza età e quei ragazzi, molti dei quali minorenni, non sappiamo chi siano e, sopratutto, perché se la siano presa con Marco e suo cugino. E presentare denuncia è l’unico modo per fare chiarezza, per poter acquisire le riprese delle videocamere di sicurezza dell’area picnic, luogo dell’aggressione, che erano state installate tempo fa per evitare atti vandalici».

Cosa vi aspettate adesso?
«Ci aspettiamo che queste persone paghino per quanto hanno fatto. Non sappiamo se quella pistola puntata ad altezza uomo fosse vera o finta, ma sappiamo che Marco è stato selvaggiamente picchiato. Davanti ad un 50enne che non ha fatto nulla. Anzi. Quando Marco è riuscito a rialzarsi, guardandolo gli ha detto: “Meno male che siete venuti in pace” e lui di tutto punto gli ha risposto: “Per quello che hai fatto ieri sera (il 1 gennaio, ndr) ne dovevi prendere di più”. Parole che per noi non hanno un senso, perché la sera prima non c’era alla festa dei coscritti. Festa, poi, dove tutti gli anni le bandiere si portano via o meno, è nella tradizione, ma senza mai arrivare a raid selvaggi ed estremi come quello. Che poi, ripeto, Marco non c’era neppure a quella festa».

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