la tetimonianza

Oksana, ucraina residente in canavese, giornate di paura e ansia per la sua famiglia sotto i bombardamenti

«Mi sento morire quando non riesco a telefonare a Kiev dove abitano mia madre e mia sorella».

Oksana, ucraina residente in canavese, giornate di paura e ansia per la sua famiglia sotto i bombardamenti
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Oksana, ucraina residente in canavese, giornate di paura e ansia per la sua famiglia sotto i bombardamenti: «Mi sento morire quando non riesco a telefonare
a Kiev dove abitano mia madre e mia sorella».

La testimonianza di Oksana, ucraina residente in canavese

Abbiamo incontrato Oksana Pustoviyt, ucraina, sposata da 18 anni con Saverio Virgilio, rivarolese, ora residenti a Valperga, con due figlie, di 12 e 16 anni. Ha il viso tirato, ma l’ansia, la paura, non traspare dalla voce, ferma e decisa. Solo, a tratti, compare la rabbia, fortemente tenuta sotto controllo, mentre racconta le notizie che arrivano dalla madre, costretta nei bunker per sfuggire ai missili, o dalla sorella, da due giorni in viaggio per raggiungere le zone, per ora, più tranquille dell’Ovest dell’Ucraina.

L’invasione… era attesa o è stata inaspettata?
«Non ci si credeva. Nonostante le truppe russe al confine per le "esercitazioni militari", si pensava più a un "mostrare i muscoli". Al massimo si pensava a un intervento limitato nelle zone separatiste. Ma non si credeva a un intervento su così larga scala, a un intervento così crudele! Ho sentito mia sorella, che vive a Kiev, proprio la sera prima dell’invasione e non era preoccupata più di tanto. Le avevo già, in precedenza, proposto di raggiungerci in Italia, ma avrebbe voluto dire lasciare il lavoro, la scuola… non sembrava realmente necessario. Anche mia madre, che vive più a nord, a Chernihiv, vicino ai confini con la Russia e con la Bielorussia, era tranquilla. La tensione sembrava lontana dalle loro zone».

Invece…
«Invece alle 5 del mattino del 24 è iniziata l’invasione. Mia sorella mi ha mandato un messaggio… “Sono iniziati i bombardamenti”. Mia sorella abitava vicino Kiev e adesso è sotto assedio. Ha passato delle notti nei rifugi. Da 48 ore è in viaggio con la figlia di 16 anni e il piccolo di 4 anni. Stanno cercando di raggiungere i suoi suoceri, a ovest. Una zona che al momento non è colpita dai combattimenti. Mia mamma, settantenne, invece, è bloccata. È medico, lavora nel laboratorio di analisi dell’ospedale. Il primo giorno dell’invasione si è recata al lavoro, ma poi hanno mandato tutti a casa. Gli ospedali sono tra i principali bersagli delle truppe russe. Adesso passa le notti nei bunker. Ieri è rimasta tutta la notte sopra uno sgabello, al buio, senza riscaldamento… in questo periodo la temperatura è normalmente sotto lo zero. La centrale termica, che fornisce il riscaldamento è stata distrutta. Senza contare i sabotatori che ci sono nelle città, persone che probabilmente si erano infiltrate da mesi. Sparano in città: sparano ad altezza uomo, sparano alle finestre delle case».

Cosa succede adesso?
«Adesso si combatte, sapendo che le forze sono impari. Alla chiamata alle armi la popolazione ha risposto con lunghe file davanti ai centri di arruolamento. La resistenza potrà spostare di qualche giorno la fine, ma tutti sanno che non si potrà vincere. Però si combatte, si resiste. Ma non credo che gli ucraini accetteranno mai di stare sotto la Russia… e l’Ucraina era l’ex stato sovietico più russofono: il russo è la lingua più parlata. Fino al 2004, con la Rivoluzione Arancione, i legami erano stretti con la Russia. Dopodiché c’è stato un avvicinamento all’Occidente, ma i filo russi sono tornati al potere, fino al 2014 quando l’allora presidente è stato cacciato. Allora è avvenuta l’annessione della Crimea alla Russia e sono iniziate le tensioni nel Donbass… che non si è mai staccato dall’Ucraina: alla Russia era più utile come elemento di disturbo nel Parlamento, un mezzo per mettere voce nelle decisioni. Però il 2014 è stato il momento in cui l’Ucraina ha iniziato a sentirsi nazione, a sentirsi diversa dalla Russia. E ora questo».

Come si sente lei, cosa prova?
«Io? Mi sento morire ogni volta che non riesco a contattare mia madre o mia sorella. Le linee telefoniche e internet non funzionano bene, nei bunker non c’è segnale, ma se non le sento non posso che sentirmi molto preoccupata. Non so cosa succederà. Anche se per un miracolo la Russia si ritirasse adesso… hanno bombardato le strade, distrutto i ponti, annientato l’economia, ucciso! Nessun ucraino perdonerà più la Russia!».

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