Partita Iva tenta il suicidio per non riuscire a riaprire l'attività

Partita Iva tenta il suicidio per non riuscire a riaprire l'attività
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Partita Iva tenta il suicidio per non riuscire a riaprire l'attività.

Partita Iva

Una «Partita Iva» che ha una attività in zona ha tentato il suicidio. Il suo gesto si unisce a quello di decine di imprenditori disperati in tutta Italia. C'è stato un prima e c'è un adesso, del dopo non si sa. «Quello che mi ha spinta a quel gesto estremo è stata la disperazione economica, ero sicura, e lo sono ancora oggi, di non poter riaprire - racconta - Ho rilevato l’attività a fine 2019, ero piena di entusiasmo e vi ho investito tutti i miei risparmi. Poi è arrivato il lockdown, e tutto si è fermato. Non ho altri redditi e la disperazione si è impadronita di me, ogni giorno era peggio e il pessimismo aumentava». Come sopravvivere? Come difendere il proprio lavoro? «Oltre il danno economico, per me di dimensioni spropositate,  anche le umiliazioni di non poter pagare l’affitto dei locali e le bollette - continua - La proprietaria dell’immobile mi ha mortificato perché non avevo i soldi per pagare il canone. Un giorno mentre guidavo, piangevo e mi disperavo, non vedevo un futuro per me. Ero sconvolta, pensavo che la vita non mi appartenesse più; nessun dubbio, la vita mi aveva illuso, per poi gettarmi nel fango. Io, una onesta lavoratrice senza rendermene conto ho accelerato e chiuso gli occhi».

L'estremo gesto

«L’auto è sbandata, uscendo di strada, non ricordo bene cosa è successo, tutto si è svolto al rallentatore; ho sentito una voce che mi chiedeva come stavo, ero inebetita e non capivo cosa fosse successo. Ho aperto gli occhi, ero ancora viva, aiutata dalla persona che è venuta in mio soccorso, sono scesa dall’auto e mi sono guardata intorno. Cosa avevo fatto? Avevo messo in discussione il mio rapporto con la vita per dei motivi economici, mi sono chiesta se fossi impazzita; in quel  momento mi sono sentita fortunata perché sono sopravvissuta, per un caso sono uscita quasi indenne dall’incidente, con solo con qualche graffio  e mi sentivo una miracolata. Mi sono rifiutata di andare in ospedale e mi hanno accompagnato a casa dalla mia famiglia; ero senza parole, ho rischiato di non vedere più i miei cari. Oggi penso che non sono io a dovermi vergognare, la mia è una famiglia dignitosa che ha sempre lavorato e ha sempre pagato i propri debiti,  piuttosto devono vergognarsi quelli che penalizzano chi, come noi, ha sempre lavorato e pagato tasse e bollette; non è colpa mia se ho dovuto chiudere la mia attività,  non è stata una mia decisione e mi sento defraudata però mi rendo conto che questo non giustifica il mio insano gesto che ho tenuto nascosto a tutti. Non  avrei mai voluto raccontare la mia storia pubblicamente, ma lo  faccio, perché ho la speranza che possa essere da monito per chi si trova in una situazione simile alla mia».

E adesso?

«Ho deciso di fare una cosa che mi rende felice: stare con la mia famiglia; il futuro sarà duro, difficile e probabilmente perderò il mio lavoro e i miei risparmi perché sarà difficile fare fronte ai debiti che si accumulano, incluso le tasse, però sono ancora viva;  mi dico che se resto senza possibilità di sostentamento vorrà dire che chiederò anch’io la disoccupazione o il reddito di cittadinanza, cosa che non avrei mai voluto e che mi addolora perché ho sempre lavorato e non ho mai chiesto aiuti statali».

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