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Rapimento di madame Veyrac, il salassese Giuseppe Serena torna «libero»

. Il canavesano era stato condannato a 18 anni perché coinvolto in Costa Azzurra in un grave fatto di cronaca.

Rapimento di madame Veyrac, il salassese Giuseppe Serena torna «libero»
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E’ iniziato nei giorni scorsi, a Aix-en-Provence, il processo d’appello per il rapimento avvenuto nel 2016 di Jacqueline Veyrac, proprietaria del Grand Hotel sulla Croisette di Cannes e del ristorante Le Reserve al porto di Nizza.

Il salassese Giuseppe Serena torna «libero»

In prima istanza era stato condannato anche Giuseppe Serena, di Salassa, ma che in questo nuovo grado di giudizio non figura tra i nove imputati alla sbarra. Le sue condizioni di salute sono molto compromesse, come ci racconta lo stesso canavesano al telefono da Nizza, tanto che nell’ottobre 2021 era stato scarcerato perché il suo quadro clinico non era compatibile con la detenzione in carcere. Serena, 68 anni, così come dichiarava il suo avvocato Delobel nel gennaio dell’anno scorso «ha problemi di obesità, è diabetico, respira solo con un polmone e ha uno scompenso cardiaco, visto che gli hanno impiantato un pacemaker durante la sua detenzione che dura da più di 4 anni ovvero, da prima del processo». Non solo. Nei giorni scorsi è anche positivo al Covid-19.

Le parole di Serena

«Dopo un mese dalla scarcerazione – ci racconta Serena che è stato anche assessore comunale a Salassa – sono stato ricoverato: era il 16 novembre 2021. Mi hanno portato d’urgenza all’ospedale Les Sources di Nice dove in 10 giorni ho perso qualcosa come 16 chili. Dopo aver rischiato di morire per un’embolia ho passato 4 settimane in una clinica a Vence specializzata in cardiologia e pneumologia e ora sono in un’altra clinica vicino Cannes per continuare il trattamento medico. Devo ringraziare la dottoressa del carcere dov’ero detenuto che ha portato alla luce il mio quadro clinico, altrimenti, chissà... Ma prima di ottenere la scarcerazione sono stato visitato da due dottori del Tribunale che hanno constatato il mio reale quadro sanitario molto compromesso. E ora, purtroppo, il Covid: l’ho preso anche io e sono in quarantena; speriamo che il fatto di essere “trivaccinato” mi sia di aiuto». Serena ha ancora molti contatti con il Canavese. «Sì, è così: lì, ho le mie radici. Ho un fratello e diversi amici che ancora sento e che in tutti questi anni difficili non mi hanno voltato le spalle e le devo aggiungere che attraverso il vostro giornale, di cui sono abbonato, cerco di restare “vicino” al territori».

Il processo

Oggi Giuseppe Serena è difeso dall’avvocato di Parigi Thierry Herzog che tra i suoi clienti annovera ha anche l’ex Presidente francese Nicolas Sarkozy, e che in merito ai nuovi sviluppi processuali ha dichiarato: «La 1ª sentenza della Corte d'Assise di Aix-en-Provence, sia penale che civile, è stata da noi impugnata e, pertanto, la sentenza pronunciata non esiste più, e significa che il mio assistito è ancora presunto innocente». Stralciata, per ora, anche la posizione dell’altro italiano coinvolto nella vicenda, Enrico Fontanella, anche lui per motivi di salute.
Condannato a 18 anni, Giuseppe Serena aveva presentato appello. Il 68enne di origini canavesane, si era opposto alla sentenza pronunciata il 27 gennaio 2021 dalla corte d'Assise Le Alpi Marittime. Sentenza, secondo la quale, era stato riconosciuto corresponsabile di aver organizzato e partecipato al rapimento di Jacqueline Veyrac a Nizza. «Il fatto che il signor Serena ammetta una responsabilità “morale” non è un riconoscimento di colpa da parte sua e non è in alcun modo un'ammissione del ruolo che l'indagine e il processo gli conferiscono come cervello machiavellico del sequestro». A parlare era il suo avvocato francese, Corentin Delobel, che aggiungeva. «Per il tentativo di rapimento fallito del 2013, la posizione è chiara: il mio cliente non è mai stato coinvolto in questa impresa criminale. Ed è lì che inizia la sua responsabilità morale e si incolpa fino al punto di offrire delle sincere scuse a Madame Veyrac, che deriva dal fatto che ha evocato a persone senza scrupoli un certo risentimento nei suoi confronti, parlando anche della immensa fortuna dell’imprenditrice francese. E non pensava che si sarebbe poi ritorto contro di lui e lo avrebbe reso il colpevole». Sostanzialmente, il fatto di avere confidato il suo rancore nei confronti della donna per degli affari andati male e la ricchezza della stessa imprenditrice, ha ispirato in altri il progetto criminale, ma che non lo rendono di fatto colpevole materiale; semmai “morale”. Ancora l’avvocato transalpino. «Il signor Serena riconosce la sua responsabilità morale per il rapimento del 2016 del quale si è reso conto di essere stato strumentalizzato. Il mio cliente all'epoca non pose fine a tutto questo, ma non è stato assolutamente l'organizzatore e nemmeno un attore attivo in questo crimine». E aggiunge: «In ogni caso, dal fascicolo non risulta materialmente che il signor Serena fosse il mandante ed è per questo che abbiamo presentato ricorso. Indipendentemente dalla condanna, 30 anni richiesti e 18 quelli inflitti, è una questione di principio per il mio cliente che vuole lavare il suo onore e non pensa che 18 anni siano meglio di 30 anni. Sa che rischia di avere una sentenza più alta in appello, ma crede ancora nella giustizia e in me, per portare la verità alla luce». In attesa che il quadro clinico di Giuseppe Serena migliori e che possa affrontare il secondo grado di questa intricata vicenda che ha sullo sfondo la Costa Azzurra.

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