Riso sporco di sangue: “Basta import dalla Birmania”

Presa di posizione di Coldiretti, in un anno importazioni cresciute del 66%.

Riso sporco di sangue: “Basta import dalla Birmania”
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Riso sporco di sangue: “Basta import dalla Birmania”. Presa di posizione di Coldiretti, in un anno importazioni cresciute del 66%.

Riso sporco di sangue: “Basta import dalla Birmania”

L’import di riso in Europa dall’Asia è una sciagura e da tempo le associazioni di categoria chiedono almeno sostenuti dazi per fronteggiare l’invasione. A raccontarlo i colleghi di Notizia Oggi Vercelli. In particolare Coldiretti Biella-Vercelli condanna l’import di riso Birmano che in un anno, dal settembre 2017 al luglio 2018 è aumentato del 66%. Si tratta di riso raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya, costretta ad abbandonarli a causa della violenta repressione da parte del governo.

La posizione di Coldiretti

“E’ necessario fermare immediatamente le agevolazioni concesse alla Birmania sulle esportazioni di riso in Europa, dopo che le Nazioni Unite hanno chiesto alla giustizia internazionale di perseguire il capo dell’esercito e altri cinque alti comandanti militari per “genocidio intenzionale”, “crimini contro l’umanità” e “crimini di guerra” contro la minoranza musulmana dei Rohingya” afferma Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli Biella con delega regionale al settore risicolo.

“Nonostante l’accusa di genocidio, la Birmania gode tuttora da parte dell’Unione Europea del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi). Il risultato è che la Birmania si colloca tra i principali fornitori asiatici di riso dell’Italia insieme a India, Pakistan, Thailandia e Cambogia”.

“Il Piemonte resta la regione italiana con i numeri maggiori a livello produttivo con 117 mila ettari, 8 milioni di quintali di produzione e quasi 1900 aziende e non è accettabile che l’Unione Europea continui a favorire, con le importazioni, la violazione dei diritti umani nell’indifferenza generale.

Tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei dovrebbero, invece, rispettare gli stessi criteri di controlli a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro. Questa situazione, come più volte abbiamo evidenziato, già da troppo tempo compromette il futuro di numerosi imprenditori risicoli”.

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