Un giovane sacerdote per l'abbazia

Un giovane sacerdote per l'abbazia
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Un giovane sacerdote per l'abbazia è don Mario Viano, nominato dalla diocesi di Ivrea prossimo abate di Fruttuaria e guida della parrocchia abbaziale Santa Maria Assunta di San Benigno.

Un giovane sacerdote per l'abbazia

Un giovane sacerdote. Bruno, slanciato e nel fiore degli anni, dal piglio spiritoso e dal marcato accento piemontese (non è raro sentirlo chiacchierare in dialetto), ma rigorosamente in talare e berretto a tricorno da prete. Così si presenta don Mario Viano, nominato dalla diocesi di Ivrea prossimo abate di Fruttuaria e guida della parrocchia abbaziale Santa Maria Assunta di San Benigno. Classe 1987, originario di Rivalta e di formazione salesiana, don Mario è entrato al seminario di Ivrea nel 2014, ricevendo l’ordinazione sacerdotale tre anni dopo; in seguito è stato viceparroco a Caluso e infine parroco a Bosconero, incarico che porterà avanti anche dopo la presa del soglio abbaziale. Sarà ufficialmente investito del nuovo ruolo dal Vescovo d’Ivrea monsignor Edoardo Cerrato, durante la Messa solenne dell’8 dicembre nell’Abbazia di Fruttuaria. Complice l’età, un caso come il suo non può che suscitare un certo scalpore.

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Don Mario Viano

Come si sente un giovane sacerdote come lei a essere investito di un incarico prestigioso come quello di abate di Fruttuaria?
«Sono arrivato in questa diocesi da dieci anni e ho avuto modo apprezzare lo splendore del Canavese e della sua gente, e certo l’Abbazia ne è un fiore all’occhiello. Non avrei mai immaginato di diventarne parroco, l’onore di essere Abate di Fruttuaria, porta con sé anche l’onere di portare sulle spalle una chiesa con mille anni di storia, una storia che va portata avanti. In questi giorni ogni tanto mi ritrovo a sfogliare la storia di San Benigno, penso sia importante entrare in un paese partendo dalle sue radici per potersi innestare bene nella comunità».
Si sente spesso parlare di crisi delle vocazioni tra i giovani. Lei è l'eccezione che conferma la regola o qualcosa si sta muovendo nella Chiesa?
«Ogni tempo ha le sue crisi, l’espressione “una volta era meglio” è una tentazione alla quale non si deve cedere, perché meglio non era. La crisi di vocazioni c’è perché c’è una crisi di fede, si ama ciò che si conosce e riscoprire la bellezza della nostra fede porterà le vocazioni. Il fatto che nella mia famiglia io abbia avuto dei cugini che hanno risposto alla chiamata di Dio prima di me certo ha influito anche nel fatto che quella domanda me la ponessi pure io... le vocazioni nascono nelle famiglie più che nel mondo della Chiesa».

Su Papa Francesco

Papa Francesco viene accusato da alcuni di essere troppo "politico", da altri viene lodato perché è rimasto il solo ad affrontare temi abbandonati dalla politica ufficiale. Ritiene che l'esempio del Pontefice sia valido anche per le comunità parrocchiali, e che quindi le guide spirituali debbano stare in qualche modo "dentro" la società?
«L’operato del Papa, il suo magistero, non è solo valido, ma necessario per noi cristiani, questa è la forma della Chiesa pensata da Cristo. Mi permetto una metafora che come ogni esempio ha i suoi limiti ma spiega il mio pensiero: se la storia dell’umanità è salire una scala il Papa è la Chiesa sono il corrimano, che tu ti tenga o meno sono sempre lì pronti a sorreggerti nel caso ti stia inciampando. La Chiesa ha una sola politica, quella del Padre Nostro. Non penso che si possa usare la parola “troppo” quando precede la parola “amore” e questo ci mostra il Santo Padre: è vero cristianesimo quando il nostro è un amore senza misura che riesce a raggiungere tutti».

Da Bosconero a San Benigno

Quella di San Benigno non è certo una parrocchia di facile gestione. Ha già in mente qualche progetto da proporre ai futuri parrocchiani?
«Chi mi ha visto operare a Bosconero sa che ho spesso idee e iniziative che mi muovono, ma innanzi tutto ora devo scoprire il tesoro dell’Abbazia che sono i suoi fedeli, le tradizioni del paese e della chiesa locale. Tra preti diciamo: “Ogni sacrestia ha la sua Liturgia” questo significa anche aver tatto, non stravolgere ma guidare, accompagnare e crescere insieme con coloro che il Signore per mano del Vescovo mi ha affidato. Ho un progetto futuro, che mi pare già un piccolo passo ma importante: che l’abbazia si possa trovare aperta tutti i giorni e che i fedeli nella frenesia delle loro giornate possano passare un attimo per ristorarsi alla luce di Gesù».

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