Le Giornate del Fai puntano sull'Alto Canavese
Tra i siti protagonisti Alpette, Ronco Canavese, Grosso, Nole, Quassolo, San Carlo Canavese e Settimo Vittone.
Le Giornate del Fai puntano sull'Alto Canavese tra i siti protagonisti Alpette, Ronco Canavese, Grosso, Nole, Quassolo, San Carlo Canavese e Settimo Vittone.
Le Giornate del Fai
La Delegazione di Ivrea e Canavese e il Gruppo FAI Ciriè e Valli di Lanzo offrono ai visitatori delle Giornate FAI di Primavera la scoperta di luoghi ricchi di arte e di fascino del “saper fare” in equilibrio con la natura del nostro Verde Canavese. Con l’occasione saranno presentati il nuovo Capo Delegazione Nella Falletti e il Gruppo FAI di Ciriè e Valli di Lanzo recentemente costituito.
I luoghi
I luoghi scelti per le GIORNATE FAI di PRIMAVERA 2024 - come afferma il nuovo Capo Delegazione del FAI di Ivrea e Canavese, Nella Falletti, dimostra l’attenzione del FAI a livello nazionale e locale per le piccole realtà e la loro storia sia artistica che produttiva, con uno sguardo al presente e alle sfide in campo di green economy che ci riguardano tutti da vicino. Come sempre, è imprescindibile la collaborazione con le Amministrazioni e i Sindaci di Alpette, Quassolo, Ronco Canavese, Settimo Vittone, Grosso, Nole e San Carlo Canavese, oltre che con l’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso per la Fucina del Rame di Ronco Can.se. Tutte le visite sono curate come tradizione dagli "Apprendisti Ciceroni" - cioè studenti – del Liceo Classico Linguistico Statale "C. Botta" e Liceo Scientifico Statale "A. Gramsci" di Ivrea, l’Istituto di Istruzione Superiore "XXV Aprile - Faccio" di Cuorgnè, l’Istituto di Istruzione Superiore "A. Moro" di Rivarolo Canavese a cui la Delegazione estende un particolare ringraziamento per la fattiva collaborazione. Saranno affiancati dai volontari locali e per la centrale di Quassolo anche dal personale di EDISON, partner del FAI, che si ringrazia per la fattiva e attenta collaborazione.
Gli orari
Gli orari di apertura: Alpette, Ronco Can.se e Settimo Vittone: sabato 23 e domenica 24 marzo dalle 10.00 alle 18.00, ultimo ingresso alle 17.30
Quassolo: ingresso riservato agli iscritti al FAI, solo domenica 24 marzo dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00, ultimo ingresso alle 17.30
Grosso, Nole, S. Carlo Can.se: sabato 23 marzo dalle 14.00 alle 18.00, ultimo ingresso alle 17.30; domenica 24 marzo dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00, ultimo ingresso alle 17.30.
OSSERVATORIO ASTRONOMICO E PLANETARIO – ALPETTE
Alpette è un piccolo paese in provincia di Torino situato a circa 1000 metri di altezza che offre una fantastica visuale sulle montagne che lo circondano. La posizione e la sua storia fanno sembrare il cielo stellato di Alpette “più vicino” di quanto sia in realtà. La storia "astronomica" di Alpette ha inizio grazie a Don Giovanni Capace, il parroco del paese, che nella seconda metà del secolo scorso decise di costruire un osservatorio sulla canonica della chiesa con l'impegno di trasmettere a tutti la sua grande passione per l'astronomia.
Nel 1987, per iniziativa della Scuola di Astronomia “Francesco Zagar”, il Comune di Alpette, con la collaborazione della Regione Piemonte e della Provincia di Torino, costruì un nuovo osservatorio sulla parte più alta dell'edificio comunale, trasferendovi il telescopio del parroco.
Attualmente l'osservatorio è caratterizzato da una cupola metallica del diametro di circa 5,5 metri. Il telescopio principale è un riflettore con conformazione ottica di tipo Ritchey-Chretien del diametro di 60 cm in grado di scorgere astri più deboli del pianeta Plutone, e di fotografare stelle di oltre la 18° magnitudine. A questo telescopio è affiancato da un telescopio rifrattore apocromatico del diametro di 12 cm con focale di un metro. Il planetario con cupola di 8 mt di diametro, inaugurato nel 2010, ha la possibilità di accogliere 54 visitatori ed è dotato di un sistema di proiezione digitale con risoluzione UltraHD.
Il Polo Astronomico di Alpette (PAA) è principalmente rivolto alla divulgazione dell'astronomia e dell'astrofisica organizzando visite, conferenze, seminari, e Star Party presso le proprie strutture. Particolare attenzione viene dedicata dal PAA alle scuole, supportando gli insegnanti nell'insegnamento dell'astronomia.
MUSEO DEL RAME, LAVORO E RESISTENZA - ALPETTE
Alpette anticamente era chiamata "terra dei mastri ramai" in ogni via del paese si sentiva il tintinnio dei martelli che prima modellavano i manufatti e poi li abbellivano con la martellatura, ma per capire perché in Alpette e nella Valle dell'Orco e Soana era famoso questo mestiere, bisogna ricordare che vi erano cinque miniere di rame, che il rame era portato nelle varie fucine della zona e dopo la fusione, sotto il maglio a testa d'asino, veniva data la prima sagomatura.
L'Ecomuseo del Rame nasce nel 2004, su iniziativa del Comune, con il contributo della Provincia di Torino, per ricordare il lavoro umile e pregiato che i mastri ramai eseguivano nei tempi passati. Insieme al laboratorio del rame, il museo rappresenta un momento di incontro per capire il valore di questo lavoro. L'Ecomuseo del Rame di Alpette fa parte del circuito degli Ecomusei della Provincia di Torino ed è certificato Herity. E aderisce “progetto Cultura Materiale”, avviato dalla Provincia di Torino nel 1995, volto alla creazione di una rete ecomuseale che fa cardine sul riconoscimento identitario di una comunità con il proprio territorio.
I pezzi esposti sono 800, suddivisi in 4 gruppi: -oggetti in rame risalenti alla fine del 1800 utilizzati sia per uso domestico che per la lavorazione del latte; -attrezzatura per la lavorazione del rame; -oggetti per il lavoro contadino -laboratorio della scuola del rame con attrezzatura originale per la lavorazione del rame, con dimostrazione pratica.
L'ecomuseo, posto in un fabbricato originariamente ad uso di officina, fu allestito allo scopo espositivo ma anche come laboratorio-scuola. Un tentativo di rilanciare un mestiere quello del ramaio o magnin, che andava scomparendo ma che nella storia del paese rappresentava una parte importante sia sociale che economica. Le illustrazioni, le foto del fine Ottocento primi del Novecento, ci mostrano infatti gli alpettesi impegnati a lavorare il rame estratto dalle miniere presenti nei territori vicini.
Con l'avvento dell'industrializzazione e la nascita delle prime boite e fabbriche automobilistiche, gli abili ramai alpettesi furono reclutati in massa, scesero a Torino nel ruolo di battilastra per produrre le prime automobili. Le foto dell’epoca ora riprodotte sono collocate nella seconda ala dell'ecomuseo a supporto della ricostruzione di un angolo dell'epoca che fu.
CENTRALE EDISON - QUASSOLO
Il 15 settembre 2023, Edison ha inaugurato una nuova centrale idroelettrica a Quassolo, in provincia di Torino. Situata lungo la sponda sinistra del fiume Dora Baltea, è un impianto ad acqua fluente di piccola derivazione con una potenza installata di 2.700 kW e una producibilità di 8.300.000 kWh all'anno, in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di circa 3.000 famiglie e di evitare l'emissione in atmosfera di 3.300 tonnellate di CO2 all'anno.
La centrale è stata realizzata in soli diciannove mesi. L'idea del progetto risale al 2013, mentre i lavori di costruzione sono iniziati nel novembre 2021 e si sono conclusi nel giugno 2023. In fase di progettazione, è stata rivolta particolare attenzione agli impatti sul territorio e alla conservazione del contesto paesaggistico, con l'obiettivo di assicurare la naturale integrità ecologica del fiume Dora Baltea, a conferma dell'impegno di Edison per la tutela dell'ambiente.
I residenti dei comuni di Quassolo, Borgofranco di Ivrea, Quincinetto, Tavagnasco, Montalto Dora e Settimo Vittone, oltre ai clienti di Edison Energia di tutta Italia, hanno contribuito al finanziamento per la realizzazione della centrale aderendo alla campagna di crowdfunding (Edison Crowd per Quassolo) lanciata dal Gruppo nel 2022, scegliendo così di diventare protagonisti della transizione energetica sul proprio territorio. Edison è stato il primo operatore energetico in Italia a lanciare iniziative di questo tipo già nel 2018, concludendo con successo ben tre campagne di crowdfunding.
FUCINA DEL RAME – RONCO CANAVESE
In borgata Castellaro, sulla sponda sinistra del torrente Soana, poco prima dell'entrata al capoluogo, sorge un'antica fucina da rame risalente al 1675, come attesta una scritta su pietra all'interno del fabbricato principale "IHS Glaudo Calvi 1675".
L'opificio rimane in attività fino al 1952 e la sua funzione produttiva è testimoniata dalle dimensioni inusuali come, ad esempio la notevole altezza dei locali interni. Essa è la testimonianza storica di un modo di lavorare sfruttando le risorse del luogo: acqua, minerali e legname. Gli edifici della fucina sono stati ceduti al comune di Ronco dall'ultimo proprietario, il signor Domenico Magnino, che lasciata la borgata Castellaro, trasferì la sua attività a Cuorgnè.
Il complesso è costituito da una fucina grande, adibita alla lavorazione del rame e da una fucina piccola per la lavorazione del ferro e del carbonile, per la produzione del carbone di legna. Un canale, derivato dal Soana a monte dell'opificio, inviava l'acqua sulle ruote in ferro che davano il moto ai magli e su due trombe idrauliche in legno per la ventilazione delle forge. Si producevano principalmente manufatti utilizzati dagli abili calderai della Val Soana, ma non è escluso che in alcuni periodi (per esempio quello napoleonico) la fucina sia stata adibita a produzioni belliche.
In seguito ad un accordo con il comune, il Parco Nazionale Gran Paradiso prese in gestione tutto il complesso e ne curò la ristrutturazione e l'allestimento interno realizzando, tra l'altro, un moderno laboratorio didattico con dotazione di audiovisivi ed una mostra di manufatti in rame realizzati dai calderai "ruga" della Valle. La fucina di Castellaro è ora un ecomuseo.
PIEVE DI SAN LORENZO E BATTISTERO DI SAN GIOVANNI BATTISTA – SETTIMO VITTONE
Collocata in posizione elevata rispetto al paese di Settimo Vittone e al corso della Dora Baltea, la pieve e l'annesso battistero, dovevano costituire, nel Medioevo, una tappa importante per viaggiatori e pellegrini che si muovevano lungo la via Francigena.
Il complesso paleocristiano formato dalla pieve di San Lorenzo e dal battistero – a pianta ottagonale - di San Giovanni Battista a Settimo Vittone, rappresenta una delle vestigia più antiche del Canavese, risalente alla seconda metà del IX secolo, uno dei principali esempi di architettura "preromanica" in Piemonte.
La chiesa è arricchita da affreschi realizzati in varie epoche tra il XII e il XV secolo.
Il luogo è indicato come "Monumento segnalato dal FAI": grazie ad una Convenzione tra il FAI e il Comune di Settimo Vittone, la Delegazione FAI di Ivrea e Canavese ha in carico la valorizzazione, la promozione e la pubblica fruizione del luogo.
CAPPELLA DI SAN FERREOLO – GROSSO
La cappella di San Ferreolo è una piccola cappella sita nel paese di Grosso, a circa 20km da Ciriè. Si tratta di una cappella chiesa romanica, di origine Benedettina dei primi decenni dell'anno mille, eretta probabilmente sotto l'episcopato di Landolfo, vescovo di Torino
dal 1011 al 1035. Viene citata per la prima volta in un documento del 1386 come dipendente della Pieve di Liramo (Ciriè), successivamente compare legata alla parrocchia di Grosso e dedicata a San Ferreolo di Besançon (nato nel II secolo e morto nel III secolo).
La cappella viene dedicata a San Ferreolo di Besançon, che secondo la tradizione risalente a San Gregorio di Tours, fu prete e Martire Cristiano, considerato il fondatore della chiesa di Besançon ed il primo evangelizzatore della Franca Contea insieme al fratello diacono San Ferruccio. La cappella è edificata mantenendo l'orientamento levante/ponente per rispettare la cronologia simbolica della luce. La muratura esterna presenta ciottoli di fiume a lisca di pesce, mentre l'abside presenta tre strette feritoie a doppia strombatura, per avere un minimo di luce e la massima protezione. L'intero perimetro è percorso da una cornice di archetti pensili ingentiliti da mattoni pieni, particolare motivo decorativo.
Gli affreschi interni, riscoperti nei primi anni '60 ad opera del pittore e restauratore Cesare Perfetti, rappresentano l'Allegoria delle Virtù e dei Vizi Capitali a simboleggiare l'eterna guerra tra il bene ed il male. Le Virtù sono rappresentate da giovani dame incoronate (simbolo della loro purezza), indossano vesti d'epoca e sono cinte in vita dal cilicio (segno di penitenza); i Vizi sono raffigurati da donne sul dorso di animali e dirette verso l'inferno. A fianco troviamo altri due affreschi raffiguranti la Madonna del latte e San Bernardino da Siena. Nel catino absidale troviamo raffigurata la Maiestas Domini (Maestà del Signore): il Cristo è seduto su un cuscino di foggia orientale che rispecchia l'iconografia bizantina del Pantocrator (rarissimo nella catena delle Alpi occidentali). La sua destra è benedicente e nella sinistra regge il Libro delle Sacre Scritture aperto sul capitolo di Giovanni: "Io sono la Via, la Verità e la Vita". Alla sua destra si trova Maria, con l'aquila e il leone, simboli degli evangelisti Giovanni e Marco; alla sua sinistra, invece, San Giovanni Battista, con il toro e l'angelo, simboli degli evangelisti Luca e Matteo. Nel registro inferiore sono rappresentati i 12 Apostoli. La cappella è solitamente chiusa al pubblico: le giornate FAI di Primavera sono un'occasione unica per ammirare da vicino gli affreschi medievali.
La Cappella di San Giovanni Battista
si trova a Nole nella frazione Vauda, sulla strada provinciale verso Rocca -Rivara al Km 1,200. Più che di una chiesa in realtà si tratta di un complesso sacro composto da tre diverse fasi costruttive: la più antica, rivolta a sud risale probabilmente al sec. XVI, la seconda annessa al nucleo originario nel Settecento; la terza, più grande e più alta, edificata nel Novecento. La cappella è stato oggetto di un importante cantiere di restauro nel corso dell'anno 2022 che ha permesso il ritrovamento di affreschi antichi di cui si era persa traccia.
Una tradizione orale afferma che una famiglia proveniente da Corio, i Masino, in seguito alla liberazione da un'epidemia di carbonchio, abbia iniziato la sua costruzione. Il nucleo più antico della costruzione è di piccole dimensioni, con superfici affrescate da un anonimo pittore. L'ampliamento settecentesco, grazie al recente restauro, ha ritrovato le sue coloriture originali, mentre la nuova costruzione novecentesca presenta un'aula sobria e due grandi pale, dipinte ad olio su tavola, del pittore Giancarlo Aleardo Gasparin.
Gli affreschi del nucleo più antico della cappella risalgono verosimilmente alla metà del XVI secolo e ritraggono sulla parete ovest San Pietro da Verona, Santo Stefano martire e Sant'Antonio abate, cui segue un riquadro con una scena non di semplice identificazione, in quanto gli intonaci sono molto danneggiati: si distingue in alto una principessa che guarda qualcosa accadere al centro di una radura; questi pochi indizi fanno pensare alla scena di San Giorgio che uccide il drago. Sulla parete est sono raffigurati San Rocco, San Bernardo di Mentone, san Pietro Apostolo e ancora un ultimo riquadro dove inginocchiato compare l'offerente insieme a quelli che dovevano essere forse due personaggi di casa Savoia, uno dei quali potrebbe essere il beato Amedeo IX. Trattasi di affreschi risalenti verosimilmente alla metà del XVI secolo. Sulle lesene della volta troviamo ancora raffigurati due santi: a sinistra quello che potrebbe essere identificato con san Giorgio; a destra San Grato vescovo di Aosta. La controfacciata, presenta due angioletti musicanti intenti a suonare la tromba e il flauto. A destra della nicchia con invetriata (1895) ricavata per ospitare in origine la statua processionale di San Giovanni Battista. Durante le Giornate FAI si avrà l'occasione di visitare la cappella di Vauda di Nole dedicata a San Giovanni Battista, solitamente chiusa al pubblico e nella quale vengono celebrate solamente tre messe durante l'anno per celebrare Santa Rita, la natività di San Giovanni Battista e il martirio di San Giovanni Battista. Un'occasione unica per osservare da vicino gli affreschi databili tra XVI-XVIII secolo riportati alla luce da un recente restauro e per conoscere una testimonianza diretta della fede e della vita religiosa della comunità nolese.
CHIESA DI SANTA MARIA DI SPINERANO – SAN CARLO CANAVESE
Edificata all'inizio dell'XI secolo su un territorio denominato Spineranno, la cappella di Santa Maria di Spinerano sorge sui resti di un cimitero romano, anticamente situato tra gli attuali comuni di Ciriè e San Carlo Canavese. Il primo documento che attesta la presenza della cappella in questo luogo è un regesto dei beni appartenenti all'abbazia di San Solutore di Torino datato 1118, nel quale la chiesa è citata col nome di “San Solutore in Spinariano” (o Spinairano). Nel 1349, la chiesa risulta tra le proprietà dell'abbazia di San Mauro in Pulcherada, che ne permette la sopravvivenza.
Tra il 1425 e il 1449 l'eremita francescano Domenico Pago della Marca d'Ancona realizza una nuova decorazione degli interni, che sostituiscono l'antico ciclo di affreschi, che oggi affiorano in più punti della chiesa. Il ciclo di affreschi quattrocentesco – ancora visibile grazie ai recenti restauri conservativi – raffigura al centro della calotta absidale una Maestà circondata da una scena della vita della Vergine, sant'Antonio Abate, il committente inginocchiato in preghiera, santa Caterina d'Alessandria con santa Chiara e Santa Maria Maddalena. Al di sotto, le figure dei dodici Apostoli sorreggono la scena.
Fino alla prima metà del Seicento, la chiesa serve l'intera comunità delle zone limitrofe, finché a fine secolo non viene costruita la nuova cappella dedicata a San Carlo Borromeo nel borgo alto (l'attuale San Carlo). Alla fine del secolo successivo, a causa del prolungato abbandono la chiesa risulta in rovina e, per evitare la perdita dei preziosi affreschi dell'abside, le tre navate originarie vengono abbattute e sostituite da un'unica nave centrale, mentre il soffitto a capriate lignee è sostituito da una volta in mattoni. La forma assunta nel XVIII secolo corrisponde a quella che si può ammirare oggi. Nelle giornate FAI di Primavera si potrà visitare un cappella che a partire dal 1840 è proprietà della parrocchia di San Carlo Borromeo e successivamente è oggetto di restauro grazie all'attenzione e al finanziamento della famiglia Doria di Ciriè. Nel 1911 la chiesa è oggetto di un ulteriore restauro voluto dal conte Teodoro Messea e dall'archeologo e soprintendente Alfredo D'Andrade, al cui interessamento si deve l'iscrizione dell'edificio nella lista dei monumenti nazionali.