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Fenomenologie da green pass in mensa aziendale

Le indicazioni sul certificato sanitario si prestano a opposte interpretazioni, generando confusioni o esagerazioni: i chiarimenti dell’Ordine provinciale di Torino

Fenomenologie da green pass in mensa aziendale
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Abbiamo intitolato "Fenomenologie..." ma potremmo ragionevolmente sostituire il termine con confusioni o esagerazioni perché il tramonto dell’estate italiana del green pass è proprio questo: un qualcosa di pluridefinito che si presta a opposte interpretazioni.

Ne è stato un esempio eclatante la vicenda del documento sanitario nell’ambito delle mense aziendali dove, soprattutto in Piemonte, abbiamo assistito a un qualcosa di surreale. Ma procediamo con ordine.

Green pass nelle mense aziendali

Il 9 agosto in una conosciuta realtà produttiva del pinerolese venivano proclamate due ore di astensione dal lavoro alla fine di ogni turno, da una sigla facente comunque parte dei sindacati confederali, per protestare contro la determinazione della direzione di richiedere il green pass per poter accedere alla mensa aziendale.

Precisiamo che, nel caso, per mensa s’intende non un locale adibito a refettorio dove i dipendenti consumano il cibo che si portano da casa o eventualmente acquistano prima dell’ingresso, bensì la presenza di una struttura esterna e autonoma che somministra pasti e bevande.   

Ebbene, il giorno successivo, con una precipitazione poi rivelatasi di rara infelicità, una nota predisposta dal Commissario per il piano vaccinale dell’Unità di crisi del Piemonte, Antonio Rinaudo, e sottoscritta anche dal Dirmei e dalla direzione generale della Sanità regionale, rilevava invece come "sussistano sostanziali differenze ravvisabili in merito ai differenti servizi offerti dalle mense aziendali rispetto alla ristorazione commerciale". In pratica, secondo la Regione Piemonte, anche ricollegandosi a una precedente circolare del Ministero dell’Interno, si evidenziava la non obbligatorietà del green pass riguardo le mense aziendali.

Seppur improntata al lodevole intento si è trattato di una fuga in avanti ovvero, a essere meno accondiscendenti, di un’autentica uscita a vuoto. 

Infatti, a stretto giro di Faq, a onor del vero quindi con modalità di per sé discutibili ancorché coincidenti addirittura con la giornata di Ferragosto, perveniva la precisazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Alla domanda di pertinenza la precisazione è inequivocabile: "Sì, per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde Covid-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti". 

E’ stato anche puntualizzato che il comprensibile non ambito ruolo di verificatori non spetta a soggetti appartenenti all’azienda committente ma ai titolari o gestori del servizio di somministrazione presso le mense stesse. 

Green pass, problemi di applicazione dell’obbligatorietà

Ovviamente non è stata una soluzione recepita con modalità pubblicamente consapevoli e non sono mancate le istantanee che raffiguravano appartenenti a forze dell’ordine che pranzavano su un muretto o, toccando l’apice del corto circuito della norma, l’urticante fotografia della lavoratrice in gravidanza costretta a mangiare accovacciata sugli ultimi gradini di una scala.  

Mentre si stanno vagliando le opzioni sulla durata del green pass, con un probabile allungamento del periodo di validità, è palese che il nocciolo della vicenda rimanga principalmente la sua applicazione. E’ atteso in tempi brevissimi un decreto che ne sancirà l’obbligo inizialmente per i dipendenti del pubblico impiego, che lo stanno già testando con il personale scolastico e in quei settori - trasporti, ristorazione, cinema, palestre - dove il certificato è già richiesto alla clientela. 

Insomma, un primo passo verso un obbligo generalizzato, anche se poi saranno decisivi i dati dell’andamento pandemico inerenti il mese di ottobre, quando, relativamente ai dati del contagio, incideranno le riprese a ogni livello e l’avvicinamento alle stagioni più fredde dove le occasioni d’incontrarsi in luoghi chiusi sono forzatamente preminenti. 

Il rimborso Irpef che non c’è

Rammentate quell’intervento del marzo scorso, intitolato "Bufale & favole"? Nel caso specifico suggerivamo a ogni artigiano, commerciante, piccolo industriale di non farsi sedurre dalle sirene ammaliatrici di una consistente riduzione del costo della manodopera generata da una teorica flessibilità fondata su contratti di somministrazione illecita che non transitavano da un’agenzia per il lavoro regolarmente autorizzata. 

La casistica di queste settimane è ben più grave per una doppia ragione: in primo luogo la platea dei soggetti potenzialmente interessati, o sarebbe meglio dire illusi, è enorme perché coinvolge chi percepisce una regolare busta paga o un assegno pensionistico; ma soprattutto, in secondo luogo, perché la notizia, destituita di ogni fondamento, giunge in un frangente complicato per molte famiglie che faticano a sopravvivere, rendendo la comunicazione odiosa e inaccettabile.    

Infatti, in rete si può liberamente scegliere tra "Busta paga, arriva il bonus Draghi: la sorpresa di agosto!" a "Come funziona il rimborso Irpef in busta paga: gli importi riconosciuti ad agosto 2021" e via discorrendo, anzi, via navigando... Si racconta di un rimborso Irpef sulle detrazioni ai fini d’imposta sul reddito delle persone fisiche da accumulare alla busta paga del mese di agosto, che, tramite i datori di lavoro o l’ente pensionistico, sarebbe stato erogato in misura oscillante tra i 690 e i 1.880 euro a tutti coloro che dispongono d’un reddito inferiore ai 28.000 euro. 

Attenzione alle fake news

Nel merito è appena il caso di ricordare, a beneficio di chi non ha dimestichezza con le procedure di amministrazione del personale, che il riconoscimento delle detrazioni fiscali avviene infatti di regola durante l’anno con le buste paga mensili e il datore di lavoro è obbligato a effettuarle: nessun rimborso Irpef è previsto nel mese di agosto dell’anno successivo a quello di maturazione. Eventualmente il rimborso potrebbe derivare da un modello 730 presentato dal lavoratore, ma in tal caso riguarderebbe un conguaglio tra quanto calcolato durante l’anno e quanto effettivamente spettante a fine anno.

Si ribadisce pertanto che ci troviamo di fronte a una cosiddetta fake news, ma il fatto di averla associata al nominativo di un Presidente del Consiglio che gode di un prestigio super partes ha determinato una viralità sui social media che, a giudicare dalle telefonate e dalle mail che sono piovute negli studi dei consulenti del lavoro alla riapertura dopo la pausa estiva, si è rivelata purtroppo letale nell’alimentare false aspettative. 

In proposito, pur senza voler scendere nella polemica, è doveroso ricordare che alla divulgazione dell’intera vicenda ha senz’altro contribuito una informativa sindacale del tutto fuorviante ma che tuttavia, stante l’estrazione della nota che si suppone da fonte qualificata in materia di lavoro, è stata ripresa da non pochi organi di stampa. 

Che dire? Pur non stigmatizzando la rilevanza della rete, che in alcuni scenari dittatoriali rappresenta l’unico refolo di libertà e partecipazione collettiva per affermare i principi democratici, sull’argomento a volte abbiamo tanta nostalgia di Umberto Eco, quando era solito ammonire che "l’abbondanza d’informazione rende nulla la stessa".

Le professioni incontrano i candidati sindaci della Città Metropolitana di Torino

Nel pomeriggio del 21 settembre 2021, presso il Campus Onu, la Consulta degli Ordini e dei Collegi professionali incontrerà alcuni dei candidati alla carica di sindaco della Città Metropolitana di Torino.

Sarà l’occasione per comprendere e valutare i programmi e gli scenari proposti da ciascuno di loro per il futuro del nostro territorio; in particolare l’interesse convergerà sui temi più strettamente connessi al lavoro, alla salute, al benessere, all’ambiente, allo sviluppo economico e alle politiche sociali. 

I professionisti rivestono un ruolo d’assoluta rilevanza che incide sulla vita delle persone, delle imprese e delle istituzioni, e nel momento storico che stiamo attraversando non può essere trascurato l’apporto di idee e conoscenze che gli stessi possono offrire al gestore della cosa pubblica per contribuire a orientarne le scelte, in ottica di sostenibilità sistemica, su materie che si pongono in modalità interconnessa in ambito tecnico, sanitario, giuridico e amministrativo: tutte aree presenti nella Consulta. 

Per informazioni sull’evento inviare email a: segreteria@cdltorino.it.

Consulenti del Lavoro: chi sono

Il Consulente del Lavoro è una professione ordinistica che si occupa di amministrazione aziendale a 360°: dalla gestione delle risorse umane, alla pianificazione strategica dell'attività imprenditoriale, passando per la gestione di tutti gli adempimenti legati ai rapporti di lavoro ed alla fiscalità d’impresa. In linea con un mercato del lavoro moderno e flessibile, il Consulente del Lavoro negli ultimi anni ha conosciuto una grande espansione nell’esercizio delle sue funzioni, diventando un punto di riferimento indispensabile per le imprese e le persone nel dialogo con la pubblica amministrazione.

Un piccolo esercito di 26.000 professionisti che danno lavoro a più di 70.000 dipendenti, amministrano 1,5 milioni di imprese, elaborano oltre 7 milioni di cedolini per un monte retribuzioni di circa 100 milioni di euro all'anno e promuovono 100.000 tirocini l’anno.

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