L'Unione dei Comuni Ciriacese si è arenata: manca il personale per farla funzionare

Intervista al presidente Sergio Colombatto

L'Unione dei Comuni Ciriacese si è arenata: manca il personale per farla funzionare
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Intervista al presidente Sergio Colombatto

CIRIE'. “L'Unione dei Comuni? La reputo una gran balla macchina che, purtroppo, non siamo ancora in grado di far funzionare bene”. Questo il pensiero di Sergio Colombatto che, oltre ad essere sindaco del Comune di San Francesco (uno dei fondatori dell'Unione) è anche presidente dell'Unione dei Comuni, ultimo dei sei primi cittadini degli altrettanti enti locali che hanno dato vita all'organizzazione, nel 2011. Di strada se ne è sicuramente fatta in questi anni, qualche progetto si è anche concretizzato ma, secondo Colombatto “se vogliamo far funzionare l'Unione, occorre ristudiare prima di tutto l'organizzazione interna dei nostri Comuni che, quando un dipendente va in pensione, non può sostituirlo per via del blocco delle assunzioni e, in alcuni casi, deve ricorrere ad un bando esterno per affidare incarichi che i nostri dipendenti non sono in grado di fare”. In questi ultimi mesi, l'Unione dei Comuni ciriacesi si è un po' arenata. Attualmente manca un segretario (dopo la dipartita di Berta), e anche chi si occupava della ragioneria e segreteria sono andate in pensione, arenando la macchina. “Questi sono situazioni da risolvere ma ci vuole del tempo – prosegue Colombatto – Difficile è anche far collimare dipendenti, progetti, idee ed obiettivi dei sei Comuni che formano l'Unione. Attualmente sono i dipendenti dei sei Comuni a ruota, a prestare delle ore di servizio all'Unione. Ma nelle ore di lavoro che dovrebbero dedicare nei rispettivi Comuni. In questo modo generano un impoverimento delle risorse ai medesimi e un rallentamento dei lavori”. Il futuro dell'Unione ciriacese? “Come per tutte le altre che si sono formate, è basilare precisare che non sono degli enti obbligatori, ma si aderisce all'Unione se lo si vuole e, soprattutto, se si hanno degli obiettivi comuni – sostiene il presidente – Io l'ho sempre vita come una opportunità. Sono sempre stato uno dei massimi fautori di questo tipo di organizzazione tra Comuni pensandola come ad una fase transitoria che tra una decina di anni, forse di più, porterà alla fusione dei Comuni. Cosa che nel nostro caso sarebbe anche logica, morfologiamente parlando. La legge non è dalla nostra parte perchè non ha dettato fin dall'inizio delle regole precise in merito all'organizzazione da dare. Quello che mi spiace è che questa situazione interna di stallo dovuta, soprattutto, alle figure professionali che sono venute a mancare ci sta facendo perdere delle occasioni. Lo spirito di unione c'è. Tra i sei sindaci c'è voglia di collaborare, ma i problemi ci sono. Basti pensare che la creazione di un unico polo di protezione civile è risultato impossibile perchè nessuno dei funzionari dei nostri Comuni sarebbe stato in grado di fare da coordinatore responsabile. Abbiamo optato per fare una gara per reperire un funzionario esterno, ma siamo stati bloccati dalla burocrazia. Io sono fiducioso, però – conclude – I fondi da investire non mancano. Purtroppo sono i progetti e le persone che li possano realizzare a venir meno. Ma sono certo che l'Unione è l'unico strumento che gli enti locali hanno per sopravvivere in attesa di diventare tutti insieme un unico grande Comune”.

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